Può tollerarsi la violenza della maestra a scopi educativi? Certamente no. Ma al di là di questo punto fermo, però, spesso si pone il problema di distinguere fra il reato di abuso di mezzi di correzione o disciplina di cui all’art. 571 c.p. e il più grave delitto previsto dall’art. 572 c.p., che punisce i maltrattamenti esercitati su una persona affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia .
Com’è noto, superata ormai da tempo la tesi secondo la quale il criterio discretivo andrebbe individuato nella misura della violenza, la giurisprudenza più recente è ferma nel ritenere che il delitto di abuso dei mezzi di correzione e disciplina presuppone un uso consentito e legittimo dei mezzi educativi, che, senza attingere a forme di violenza, trasmodi in abuso a causa dell’eccesso, arbitrarietà o intempestività della misura.
Ove, invece, la persona offesa sia vittima di continui episodi di prevaricazione e violenza, tali da rendere intollerabili le condizioni di vita, ricorre il più grave reato di maltrattamenti in famiglia (Cfr., di recente, Cass. 47543/2015). Quest’indirizzo è stato di recente confermato dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione (sent. 4170/2016), che ha riformato la sentenza della Corte di Appello di Brescia riaffermando che l’uso della violenza come ordinario trattamento del minore – anche se sostenuto da « animus corrigendi » – «non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza gli estremi del più grave reato di maltrattamenti»
Articolo a cura dell’Avv. Andrea Merlo
11/02/2016