(Da Norma.dbi.it)
In famiglia si litiga, non è una novità. Ma scrivere un sms allo zio dandogli del “ladro” e del “mongolo di merda” è ingiuria, niente scuse.
In famiglia si litiga, non è una novità. Ma scrivere un sms allo zio dandogli del “ladro” e del “mongolo di merda” è ingiuria, niente scuse. Così, la quinta sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 594 cod. pen. nei confronti del nipote insolente che tentava di ridimensionare la portata offensiva degli epiteti utilizzati schermandosi dietro l’evoluzione dei costumi sociali che porterebbe a tollerare l’uso di un registro linguistico prima ritenuto inaccettabile. I giudici di legittimità si richiamano invece al consolidato orientamento secondo il quale in materia di ingiuria, per accertare se vi sia stata lesione del bene giuridico dell’onore, è necessario fare riferimento ad un «criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell’offeso e dell’offensore ed al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata pronunciata». Tuttavia – ribadisce la Corte – esistono limiti invalicabili, posti dall’art. 2 Cost., a tutela della dignità umana, che rendono talune modalità espressive oggettivamente ingiuriose perché dotate di un’«intrinseca carica di disprezzo e dileggio» e accompagnate da una riconoscibile volontà di umiliare il destinatario. In casi come questi l’oggettività dell’offesa rende l’espressione ingiuriosa inaccettabile in qualsiasi contesto pronunciata, a meno che questa non sia riconoscibilmente utilizzata ioci causa in circostanze scherzose.
(Avv. Andrea Merlo per Norma.dbi.it)
23/03/2016