Appropriazione indebita per l’amministratore che versa le somme del condominio nel proprio conto
L’amministratore di un condominio di San Donato Milanese investe parte dei soldi che gli erano stati affidati dai condòmini – circa quarantamila euro – in un fondo collegato al proprio conto corrente personale. Le somme, si giustifica il contabile, non erano destinate a spese correnti e l’investimento realizzato attraverso la sua banca avrebbe garantito buoni margini di guadagno. In ogni caso, l’operazione finanziaria sarebbe stata realizzata nell’esclusivo interesse del condominio, al quale sarebbe comunque stata garantita la disponibilità del denaro investito.
Ma questi argomenti non sono bastati a convincere i giudici e scagionare lo spregiudicato amministratore.
Appropriazione indebita, la sentenza della Cassazione
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione (con la sent. n. 33547/2016) ha infatti confermato il verdetto dei giudici di merito, osservando che ai fini della configurazione del delitto di appropriazione indebita ha scarsa rilevanza verificare se siano stati compiuti interversione del possesso. Per la consumazione del reato di cui all’art. 646 c.p., infatti, non è richiesto che l’agente si sia definitivamente appropriato della cosa e non la restituisca. La soglia della rilevanza penale – spiega la Corte – è anticipata al momento appropriativo in sé considerato. E cioè, per tornare al caso di specie, all’indebito prelievo delle somme dalle casse del condominio.
Quanto poi al requisito dell’ingiustizia del profitto conseguito, la circostanza che le somme in questione sarebbero state investite nell’interesse del condominio e non utilizzate dall’imputato per fini personali sarebbe, secondo la Corte, tutta da provare ed in ogni caso si tratta di una questione che, non essendo mai stata evidenziata davanti ai giudici di merito, non può sollevarsi per la prima volta ne in cassazione.
Articolo a cura dell’Avv. Andrea Merlo
17/08/2016