Licenziamento collettivo per cessazione totale dell’attività produttiva: quali oneri a carico del datore?
In caso di cessazione totale dell’attività con licenziamento collettivo, il datore di lavoro è obbligato ad effettuare le comunicazioni previste dalla L. n. 223/1991 e cioè ai sindacati e agli enti amministrativi.
Benché l’imprenditore sia libero di cessare l’attività, in caso di cessazione totale di essa ed azzeramento dell’intero organico, è onere del medesimo comunicare agli enti regionali per l’impiego e alle associazioni di categoria l’elenco dei lavoratori licenziati con tutte le altre notizie relative all’attuazione della procedura di mobilità nel termine di sette giorni dalla comunicazione dell’atto di recesso, termine introdotto dall’art. 1, comma 44, della Legge n. 92/2012, a modifica del comma 9 dell’art. 4 della Legge n. 223/1991.
E ciò al fine di assicurare agli organi amministrativi e alle organizzazioni sindacali, nonché per il tramite di queste ai lavoratori, la possibilità di verificare la correttezza delle operazioni poste in essere dal datore, allo scopo di evitare elusioni del dettato normativo concernente i diritti dei lavoratori alla prosecuzione del rapporto nel caso in cui la cessazione dell’attività dissimuli la cessione dell’azienda o la ripresa dell’attività stessa sotto diversa denominazione o in diverso luogo.
In caso di omessa comunicazione o di comunicazione oltre il termine prescritto il licenziamento collettivo intimato dal datore deve, pertanto, ritenersi illegittimo.
Invero, in tema di licenziamento collettivo (secondo la disciplina antecedente alle modifiche introdotte con la Legge 28 giugno 2012, n. 92), la contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro dell’elenco dei dipendenti licenziati e dei criteri di scelta, richiesta, a pena di inefficacia del licenziamento, dall’art. 4, comma 9, della Legge 23 luglio 1991, n. 223, si giustifica al fine di consentire alle organizzazioni sindacali (e, tramite queste, anche ai singoli lavoratori) il controllo sulla correttezza nell’applicazione dei menzionati criteri da parte del datore di lavoro, anche al fine di sollecitare, prima dell’impugnazione del recesso in sede giudiziaria, la revoca del licenziamento eseguito in loro violazione. Ne consegue che la funzione di tale ultima comunicazione implica che non possa accedersi ad una nozione “elastica” di contestualità, riferita anche alla data in cui il licenziamento abbia effetto, dovendosi ritenere irragionevole che, per non incorrere in una decadenza dal termine di cui all’art. 6 della Legge 15 luglio 1966, n. 604, il lavoratore debba impugnare il licenziamento senza la previa conoscenza dei criteri di scelta. (Cassazione Civile – Sez. Lavoro – Sentenza 22 novembre 2016 , n. 23736)
Adriana Costanzo per Norma.dbi.it
07/12/2016