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Infortuni sul lavoro: reato escluso se il lavoratore è un esperto in sicurezza

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Il tema della sicurezza sul lavoro rappresenta uno dei filoni più caldi della cronaca, seguito anche dalla Cassazione. Una recente pronuncia appare abbastanza interessante, in quanto ha stabilito che in materia di infortuni sul lavoro, qualora il lavoratore sia formato ed esperto in sicurezza, non sussiste reato per il datore e per il responsabile sicurezza. Procediamo con ordine e ripercorriamo i fatti accaduti.

Con la sentenza n. 8883 del 3 marzo 2016, la Suprema Corte è tornata su alcuni aspetti relativi alle recenti tendenze giurisprudenziali che interpretano la normativa di cui al D.lgs 81/2008, in conformità al c.d. principio. di “autoresponsabilità del lavoratore”. Esso impone, anche ai sottoposti, di rispettare dettagliate disposizioni cautelari e, soprattutto, di agire con diligenza, prudenza e perizia. La pronuncia, che assolve i ricorrenti perché il fatto non costituisce reato, prende origine da un ricorso presentato congiuntamente dall’Amministratore unico della s.r.l. che aveva alle dipendenze il lavoratore infortunato e dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei lavoratori della stessa, condannati in solido in secondo grado al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, dopo essere stati assolti in primo grado perché il fatto non sussiste.

Venivano contestati i reati di cui agli artt. 113 c.p.,590 c.p., commi 1 e 3 (capo A), D.P.R.164/1956 artt. 70 e 77 lett. b) (capo B), per colpa consistita in imprudenza e violazione della normativa sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, per aver omesso di predisporre i necessari apprestamenti di sicurezza prima di procedere all’utilizzo del piano di copertura come piano di lavoro per l’esecuzione dei lavori di realizzazione di linee elettriche di alimentazione per la successiva posa in opera di fari. Da ciò sarebbero derivate lesioni al dipendente con la qualifica di elettricista manutentore, il quale, nell’effettuare i lavori, “procedeva al pedinamento dell’estradosso di lastre in fibrocemento, poste a copertura di un edificio industriale, a causa del cedimento di un elemento precipitava al suolo da un’altezza di circa 6 mt. lesioni personali clinicamente refertate in trauma cranico, toracico e degli arti, dalle quali derivava una malattia della durata superiore a giorni quaranta.”

3d abstract running doctorsLa Corte di Cassazione ha riconosciuto l’insussistenza dell’elemento soggettivo in capo agli imputati. E’ stato osservato che “la radicale riforma, in appello, di una sentenza di assoluzione non può essere basata su valutazioni semplicemente diverse dello stesso compendio probatorio, qualificate da pari o persino minore razionalità e plausibilità rispetto a quelle sviluppate dalla sentenza di primo grado, ma deve fondarsi su elementi dotati di effettiva e scardinante efficacia persuasiva, in grado di vanificare ogni ragionevole dubbio immanente nella delineata situazione di conflitto valutativo delle prove. Va ricordato, infatti, che il giudizio di condanna presuppone la certezza processuale della colpevolezza, mentre all’assoluzione deve pervenirsi in tutti quei casi in cui vi sia la semplice “non certezza” – e, dunque, anche il “ragionevole dubbio” sulla colpevolezza”.

Nel caso in esame, la Cassazione ha rilevato come si trattasse di un elettricista esperto cui era stato affidato un lavoro da svolgersi attraverso un elevatore e con una serie di strumenti di protezione di cui era stato correttamente dotato; osserva inoltre come un teste “ esperto” avrebbe confermato che il lavoro in esame avrebbe dovuto e sarebbe potuto essere svolto in piena sicurezza esclusivamente dall’elevatore, senza spostarsi da esso.

Il lavoratore, peraltro, era un soggetto particolarmente esperto di sicurezza sul lavoro, “tanto da essere nominato responsabile della sicurezza dei lavoratori della sua azienda. Autonomamente ha deciso, incautamente, di salire sul tetto per meglio posizionare i fili, percorrere il tratto ricoperto da sottili lastre di eternit, che inevitabilmente si sono sfondate, e precipitava al suolo.

Ad avviso della Corte “nessun rimprovero può muoversi ad entrambi gli odierni ricorrenti in un caso siffatto, in quanto gli stessi si sono legittimamente fidati della professionalità del soggetto cui aveva affidato il lavoro da compiersi”.

infortunioViene richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui il comportamento negligente del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro quando tale comportamento sia riconducibile all’insufficienza di cautele. Tuttavia, nel caso in questione,  tutte le cautele possibili da assumersi ex ante erano state assunte. La S.C. ribadisce la differenza esistente tra un comportamento “esorbitante” del lavoratore ed un comportamento “abnorme” dello stesso: “il primo riguarda quelle condotte che fuoriescono dall’ambito delle mansioni, ordini, disposizioni impartiti dal datore di lavoro o di chi ne fa le veci, nell’ambito del contesto lavorativo, il secondo, quello, abnorme, già costantemente delineato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si riferisce a quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto lavorativo, cioè, che nulla hanno a che vedere con l’attività svolta”.

14/04/2016

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