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Calcio, il difensore che entra a gamba tesa commette fallo e non reato

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(Da Norma.dbi.it)

Con la pronuncia 8 marzo 2016 , n. 9559 i giudici della quarta sezione penale hanno fornito una minuziosa ricostruzione dei casi in cui le lesioni procurate nello svolgimento di un’attività sportiva possano ritenersi giustificate e, dunque, penalmente irrilevanti. Nel caso di specie, in particolare i giudici di merito avevano condannato per lesioni il calciatore dell’Alghero che, per contrastare l’azione di contropiede della squadra avversaria, ha calibrato male il movimento e, invece di calciare sul pallone, ha colpito con violenza la gamba dell’avversario causandogli la frattura della tibia sinistra. La Cassazione ha invece annullato la decisone del Tribunale di Sassari richiamandosi all’orientamento secondo il quale gli eventi lesivi causati nel corso di incontri sportivi e nel rispetto delle regole del gioco, sono giustificati dalla scriminante atipica che opera quando si svolgono attività “a rischio consentito”.

Ma – argomenta la Corte – il rischio cui fa riferimento la causa di giustificazione in esame è relativo e non assoluto, «in quanto posto a fronte di un vantaggio sociale del pari relativo e non assoluto e come il bilanciamento degli interessi contrapposti imponga uno scrupoloso rispetto delle regole cautelari. Con la conseguenza che il rischio accettato non ricomprende le azioni volontarie poste al di fuori dell’azione di gioco o anche solo non finalizzate alla predetta azione e neppure quelle tali da apparire sproporzionate ex ante, in quanto ne sia soggettivamente percepibile la lesività delle stesse».

esterne231523352302152424_bigVa inoltre aggiunto che il rischio consentito non è misurabile in astratto, ma va parametrato al caso concreto: bisogna infatti considerare, da un lato, le caratteristiche dell’attività sportiva esercitata – a seconda del tipo di sport, infatti, lo scontro fisico può essere più o meno intenso – e, dall’altro, il rilievo della competizione – un agonismo anche esacerbato può talora ammettersi quando sia in palio l’esito di una competizione di primario rilievo, mentre resta inaccettabile nel corso di partite amichevoli o, addirittura, durante l’allenamento.
Pertanto, nel caso di specie, l’azione dell’imputato, diretta a colpire il pallone, può certamente essere censurata secondo le regole dell’ordinamento sportivo, ma non sconfina dal perimetro delle attività consentite nell’ambito di competizioni calcistiche.

(Avv. Andrea Merlo per Norma.dbi.it)

14/03/2016

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