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Appalti, è sufficiente la colpa della precedente Ati per escludere la società?

consiglio-di-stato-targaLo scorso 28 settembre il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4512/2015, si è pronunciato su un caso di grande interesse inerente l’affidamento da parte del Comune di incarichi pubblici alle associazioni temporanee di imprese (ATI).

Ordinaria routine, penserete.

Ed invece, il caso su cui si è espresso il supremo Collegio si è rivelato tutt’altro che usuale, poiché si trattava di una ATI in cui la società capogruppo e mandataria era già stata membro di altra ATI (di carattere cd. “verticale”) nello svolgimento di un precedente servizio affidato dallo stesso Comune, quella volta però come semplice mandante.

Ma non è tutto.

Nella commessa precedente, invero, la stazione appaltante aveva risolto il contratto di affidamento, per inadempimento della mandataria.

Ebbene, in un caso simile, la P.A. può affidare nuovamente l’incarico ad una ATI, di cui è parte in qualità di mandataria una impresa che si era già trovata a gestire quello stesso incarico, come mandante di un’altra ATI, e l’incarico fosse stato revocato per inadempimento?

Appalti1E qualora decidesse di affidarlo, violerebbe la disposizione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 163/2006, il quale testualmente stabilisce che devono essere esclusi dalle procedure contemplate dal Codice dei Contratti stesso quei concorrenti “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”?

Ebbene, secondo una interpretazione più rigorosa, l’appartenenza ad un’ATI  determinerebbe una sorta di responsabilità solidale tra tutti i componenti, a prescindere sia dal ruolo rivestito al suo interno (mandataria o mandante), sia dal tipo di raggruppamento costituito (verticale, orizzontale o misto), cosicché la grave negligenza o malafede, manifestatasi nello svolgimento del precedente rapporto, impedirebbe la partecipazione alle successive procedure di selezione, a prescindere dall’effettiva quota di responsabilità tra i membri dell’ATI per le manchevolezze riscontrate.

Tale interpretazione si pone in linea con l’articolo 1218 c.c., il quale prevede che la responsabilità per inadempimento di una prestazione contrattuale ricada sul debitore salvo che costui provi l’insorgenza di un’impossibilità, derivante da causa a lui non imputabile, della prestazione oggetto della pattuizione.

Secondo un’interpretazione meno restrittiva, fatta propria dal Consiglio di Stato, in un’ottica di favor parecipationis, piuttosto che alla regola civilistica (la quale assoggetta il debitore ad una responsabilità che prescinde da dolo o colpa) bisogna far riferimento all’art. 38, comma 1, lett. f) del Codice dei Contratti, il quale esige esplicitamente che la stazione appaltante accerti grave negligenza o malafede nell’operato dell’offerente selezionato.

gareSicché, è legittimo l’affidamento del servizio all’ATI avente come capogruppo-mandataria la società che, nel raggruppamento aggiudicatario dell’appalto precedentemente espletato, aveva rivestito la qualità di mandante.

Secondo il Supremo Collegio, infatti, nel caso di specie, alla mandante non possono ascriversi impedimenti alla candidatura né alla conseguente ed eventuale aggiudicazione, sia perché i motivi di risoluzione del contratto relativo al primo svolgimento del servizio sono da ricondurre all’inadempimento dell’allora mandataria, sia perché la precedente ATI era stata costituita secondo il modello cd. “verticale”, il quale comporta che ciascuna delle imprese mandanti che lo compongono sia responsabile della sola quota di espletamento dell’oggetto dell’appalto che, in sede di presentazione della domanda, era stata dichiarata suscettibile di esecuzione da parte della stessa.

Inoltre, la stazione appaltante deve compiere una valutazione in ordine alla grave negligenza o malafede riscontrata dal concorrente durante l’esecuzione del precedente appalto (nel caso in esame la P.A. ha elencato i servizi affidati nel periodo di tempo ricompreso fra la risoluzione del precedente contratto e l’affidamento del servizio in gara, ritenendo ancora meritevole di fiducia l’impresa – allora mandante – incaricata della loro esecuzione), potendo il Giudice Amministrativo sindacare la legittimità del giudizio in parola solo qualora riscontri palesi illogicità od errori di fatto nel suo compimento, perché altrimenti si sostituirebbe indebitamente alla P.A. nell’esercizio di funzioni ad essa riservate.

Alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, dunque, non si può decretare l’esclusione di un’impresa in base all’avvenuta risoluzione del contratto, in quanto secondo l’art. 38, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 163/2006, deve compiersi nei confronti dell’offerente un attento e motivato esame in ordine alle possibili cause che hanno inficiato i precedenti rapporti con la medesima stazione appaltante che bandisce la gara.

Articolo a cura dell’Avv. Claudia Caradonna

19/07/2016

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