Domani, 23 giugno 2015, la Corte Costituzionale si pronuncerà sul blocco degli stipendi dei pubblici impiegati dal 2011 al 2014, determinato dal Decreto Anticrisi (D.L. 78/2010).
Si profila, pertanto, la possibilità di una altra dichiarazione di incostituzionalità dopo quella pronunciata recentemente sul blocco delle pensioni, con la Sentenza n. 70/2015, che ha bocciato la cd. Legge Fornero (art. 24, comma 25, D.L. 201/2011).
Il principio costituzionalmente garantito è che nessuno può essere privato del diritto “…ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36 Cost.). Ed ancora, “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 Cost.), .
Dunque, il blocco degli stipendi pubblici viola palesemente quanto garantito al lavoratore dalla Carta Costituzionale.
Ma vi è di più. Il blocco degli stipendi applicato al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico fa sì che si realizzi una esposizione delle forze dell’ordine al cd. “rischio di interferenze”.
A tal proposito la Corte Costituzionale, nella Sentenza n. 223/2012, con riferimento al blocco degli stipendi dei magistrati, ha precisato che:
“la magistratura, nell’organizzazione dello Stato costituzionale, esercita una funzione ad essa affidata direttamente dalla Costituzione. Per questa ragione, attraverso un meccanismo di adeguamento automatico del trattamento economico dei magistrati, la legge, sulla base dei principi costituzionali, ha messo al riparo l’autonomia e l’indipendenza della magistratura da qualsiasi forma di interferenza, che potesse, sia pure potenzialmente, menomare tale funzione, attraverso una dialettica contrattualistica. In tale assetto costituzionale, pertanto, il rapporto fra lo Stato e la magistratura, come ordine autonomo ed indipendente, eccede i connotati di un mero rapporto di lavoro, in cui il contraente-datore di lavoro possa al contempo essere parte e regolatore di tale rapporto”.
Dunque, il superiore principio di immodificabilità dei meccanismi di progressione degli stipendi dei magistrati si dovrà necessariamente estendere anche agli appartenenti alle forze dell’ordine, stante anche l’equiparazione di cui all’art. 98 della Costituzione: “Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”.
Da non dimenticare che sempre l’art. 98, comma 1, della Costituzione sancisce che “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, e che dunque non vi è alcuna distinzione tra impiegati pubblici.
In merito a tutte le considerazioni sopra riportate ci aspettiamo che la Corte Costituzionale domani bocci l’ennesimo provvedimento di legge che mette le mani in tasca agli italiani.
Approfondimento a cura dell’Avv Maria Saia
10/12/2015