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Controversie in materia di iscrizione agli albi professionali: a chi la giurisdizione?

Controversie in materia di iscrizione agli albi professionali: a chi la giurisdizione?

La tutela del diritto alla iscrizione all’albo professionale, costituendo espressione di una posizione di diritto soggettivo, è azionabile dinnanzi al giudice ordinario.

norma_default200Con l’ordinanza 15 marzo 2017 n. 6821, le Sezioni Unite della Suprema Corte, dopo aver preliminarmente affermato che la questione circa l’individuazione del giudice avente giurisdizione in materia di iscrizione agli albi professionali – e segnatamente, nel caso di specie, all’albo degli psicologi – va risolta sulla base dei principi generali, secondo i quali la giurisdizione spetta all’A.G.O. quando l’interessato faccia valere una posizione di diritto soggettivo – a meno che non sia legislativamente affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -, mentre va dichiarata la giurisdizione di legittimità di quest’ultimo quando la posizione del privato sia di interesse legittimo, ha avuto modo di precisare che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il rapporto tra colui che aspira all’iscrizione all’albo professionale e l’ordine preposto alla tenuta dell’albo medesimo si identifica con la dicotomia diritto soggettivo – obbligo, anziché con quella interesse legittimo – potere pubblico. Infatti, l’ordine professionale non ha facoltà di valutare se la chiesta iscrizione corrisponda all’interesse pubblico, ma ha solo il compito di verificare se in realtà l’aspirante sia nel possesso dei requisiti appositamente voluti dalla legge, in quanto tale possesso è condizione necessaria e sufficiente per ottenere l’iscrizione, la quale deve essere disposta se quei requisiti sussistono e deve essere invece negata nel caso contrario.
Né potrebbe essere diversamente, perché lo svolgimento di una qualunque attività professionale è espressione della generale situazione di libertà assicurata dall’ordinamento italiano ad ogni cittadino (art. 4 Cost.) in ordine alla scelta del lavoro. Può accadere che, in un dato momento storico, certe attività, prima liberamente esercitabili, sembrino bisognose di una regolamentazione nell’interesse generale e vengano perciò consentite soltanto a chi dimostri di essere capace e degno di esercitarle. Ma qualunque diritto, appunto perché tale e non puro arbitrio o irrilevante possibilità di agire, richiede di essere ancorato a determinati presupposti e circoscritto entro determinati limiti; l’importante è che, ove siano questi osservati, i limiti, esso possa pienamente esercitarsi.

Adriana Costanzo per Norma.dbi.it

03/04/2017

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