Diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini, la pronuncia della Cassazione
A seguito della morte della madre che ha partorito mantenendo segreta la propria identità, l’interesse alla segretezza diventa recessivo di fronte al diritto del figlio adottivo di conoscere le proprie origini biologiche.
Diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini, la parola alla Cassazione
E’ quanto emerge dalla sentenza resa il 21 luglio scorso dalla Prima Sezione Civile della Suprema Corte, la n. 15024.
La Corte, dopo aver precisato che il diritto alla conoscenza delle proprie origini biologiche e alle circostanze della propria nascita trova un sempre più ampio riconoscimento a livello internazionale e sovranazionale, ha rilevato che ad esso si oppone un interesse alla segretezza della maternità biologica strumentale a proteggere quest’ultima dalle conseguenze negative che potrebbero ripercuotersi su di lei.
Precisamente, il diritto della madre all’anonimato riposerebbe sull’esigenza di salvaguardare madre e neonato da qualsiasi perturbamento, connesso alla più eterogenea gamma di situazioni, personali, ambientali, culturali, sociali, tale da generare l’emergenza di pericoli per la salute psico-fisica o la stessa incolumità di entrambi e da creare, al tempo stesso, le premesse perché la nascita possa avvenire nelle condizioni migliori possibili.
In relazione a tale diritto all’anonimato della madre naturale, la Corte di Cassazione ha tuttavia ritenuto che l’ordinamento ha, indebitamente, riconosciuto ad esso una tutela in modo assoluto, rimettendo la scelta alla sola volontà della madre.
Così, la Suprema Corte, richiamando la pronuncia n. 278/2013 – con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità,per violazione degli artt. 2 e 3 della Cost., dell’art. 117 co. 2 Decreto legislativo n. 196/2003 nella parte in cui esclude la possibilità per la persona adottata di accedere alle informazioni sulle proprie origini senza aver prima accertato la persistenza della volontà della madre biologica di non voler essere nominata – ha ritenuto che la cristallizzazione della scelta per l’anonimato operata dalla madre non può andare oltre il limite della vita della stessa.
Ad avviso della Corte, difatti, il decesso della madre assurge a presunzione della volontà della stessa di rimuovere il segreto della maternità biologica.
In caso contrario, la morte non garantirebbe in alcun modo la reversibilità del segreto stesso, comportando la perdita definitiva del diritto fondamentale del figlio alla tutela dell’ interesse costituzionale alla personalità.
Diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini, l’affievolimento delle ragioni della madre
Di conseguenza, il decesso della madre, determinerebbe un affievolimento, se non addirittura una scomparsa, delle ragioni di protezione che l’ordinamento riconosce come meritevoli di tutela per tutta la vita della donna, comportando in tal modo il venir meno dell’immobilizzazione della scelta dell’anonimato della maternità biologica.
Adriana Costanzo per Norma.dbi.it
10/08/2016