Era stato sanzionato con un rimprovero poiché la sua “relazione extraconiugale con una donna sposata” aveva, a detta del comandante, causato maldicenze e un pregiudizio dell’istituto di cui il carabiniere faceva parte.
L’Autorità disciplinare però non aveva chiarito in che modo la condotta del carabiniere avesse causato un simile danno. Pertanto, i giudici del Tar chiamati in causa dal carabiniere che aveva proposto ricorso hanno ritenuto carente di motivazione il provvedimento sanzionatorio, affermando che, ai sensi dell’art. 1352 del D.Lgs. 66/2010, “Costituisce illecito disciplinare ogni violazione dei doveri del servizio e della disciplina militare sanciti dal presente codice, dal regolamento, o conseguenti all’emanazione di un ordine. La violazione dei doveri comporta sanzioni disciplinari di stato o sanzioni disciplinari di corpo”.
Di fatto, si tratta di una norma assai generale che non tipizza i comportamenti punibili e che, a causa della sua genericità e indeterminatezza, finisce per attribuire ai Comandanti di Corpo un’ampia discrezionalità nello stabilire in relazione a quali illeciti infliggere le sanzioni.
Di conseguenza, al fine di evitare irragionevoli abusi e l’elusione delle garanzie di difesa dei militari, è essenziale che la motivazione del provvedimento disciplinare configuri “esattamente l’infrazione commessa indicando la disposizione violata o la negligenza commessa e le circostanze di tempo e di luogo del fatto” (art. 1398 c.6 D.Lgs. 66/2010), avendo cura di illustrare la materialità intrinseca dei fatti nel loro essere lesivi della disciplina di stato o di corpo.
Pertanto, come nel caso specifico, se la motivazione non è chiara e riferibile a un comportamento sanzionatorio, la sanzione discliplinare può essere contestata.
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08/01/2021