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Nuovo codice deontologico forense, può applicarsi retroattivamente?

Nuovo codice deontologico forense, può applicarsi retroattivamente?

2335639-tigheLe norme contenute nel nuovo codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato (art. 65 L. n. 247/2012)

Nuovo codice deontologico forense, si pronunciano le Sezioni Unite

Con la pronuncia del 20 settembre 2016 , n. 18395, la Corte di Cassazione ha ribadito che in tema di giudizi disciplinari nei confronti degli avvocati, le norme del codice deontologico forense approvato il 31 gennaio 2014 si applicano anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, avendo l’art. 65, comma 5, della Legge 31 dicembre 2012, n. 247, recepito il criterio del “favor rei”, in luogo del criterio del tempus regit actum.
A fondamento di tale soluzione si è rilevato che la Legge n. 247/2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), in vigore dal 2 febbraio 2013, contempla all’art. 65 (rubricato “Disposizioni transitorie”) un comma (il quinto, interamente dedicato all’emanando nuovo codice deontologico), che si conclude con le seguenti proposizioni: “…L’entrata in vigore del codice deontologico determina la cessazione di efficacia delle norme previgenti anche se non specificamente abrogate. Le norme contenute nel codice deontologico si appellano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato”.

Nuovo codice deontologico forense, i rilievi della Cassazione

l43-avvocato-avvocati-legge-121025142657_bigDa qui il rilievo che, nel fissare il momento di transizione dall’operatività del vecchio a quella del nuovo codice deontologico, la nuova legge professionale sancisce esplicitamente – così; prevenendo le incertezze interpretative manifestatesi in occasione di precedenti successioni di norme deontologiche (e, peraltro, risolte in base al diverso criterio del tempus regit actum- che la successione nel tempo delle norme dell’allora vigente e di quelle dell’allora emanando nuovo codice deontologico (e delle ipotesi d’illecito e delle sanzioni da esse rispettivamente contemplate) deve essere improntata al criterio del favor rei.
In tale prospettiva, il nuovo codice deontologico approvato il 31 gennaio 2614, pubblicato il 16 ottobre 2014 ed entrato in vigore il 15 dicembre 2014 – presenta, tra le principali innovazioni rispetto al codice previgente, la (ancorchè non assoluta, certamente tendenziale) tipizzazione degli illeciti e la predeterminazione delle sanzioni correlativamente applicabili.
Ebbene, relativamente al caso di specie, è stata ritenuta illegittima la sanzione disciplinare (sospensione dall’esercizio della professione forense) per un avvocato che, dopo avere acquisito informazioni da una propria cliente in ordine alle condotte del convivente more uxorio, suscettibili anche di rilevanza penale, lo riceveva nel proprio studio e, senza avvertirlo della possibilità di farsi assistere da un legale di fiducia, procedeva alla determinazione delle condizioni di separazione con accordi chiaramente sfavorevoli per il convivente, il quale aderiva alla proposta consensuale per il timore delle conseguenze della divulgazione delle notizie acquisite sul suo conto dalla convivente e da questa riferite all’Avvocato.
Invero, per l’addebito ex art. 48 del codice deontologico forense del 2007, di cui l’avvocato era stato accusato, il nuovo Codice Deontologico Forense prevede una sanzione – quella della censura – inferiore a quella della sospensione dall’esercizio della professione, nella specie per due mesi, applicata dal COA nella vigenza del Codice Deontologico del 2007, e confermata dal CNF con una sentenza deliberata prima del 15 dicembre 2014, ma depositata successivamente.
Da qui l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogata.

Adriana Costanzo per Norma.dbi.it

27/09/2016

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