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Precari della Giustizia: una battaglia da vincere.

precariSono più di 2.500 i lavoratori e le lavoratrici, impiegati da cinque anni in “tirocini formativi” negli uffici giudiziari del Paese. In realtà, questa categoria di lavoratori, dal 2010, supplisce alla carenza di organico del comparto, garantendo così la prosecuzione delle attività, senza un reale ritorno economico.

Tuttavia, gli aspetti negativi sono molteplici: infatti, gli vengono assegnati periodicamente dei pacchetti di ore che non consentono di organizzarsi con altri possibili lavori; dal punto di vista della valorizzazione professionale è un percorso duro da fare e per nulla gratificante. Avere un contratto da tirocinio, infatti, significa non vedersi riconosciuti né malattia né maternità né ferie né contributi.

Eppure è grazie al loro contributo che la Giustizia si tiene in piedi: quello del tirocinante è un lavoro a tutti gli effetti, nel senso che oramai gli uffici giudiziari non possono più farne a meno. Dopo cinque anni, sono diventati parte integrante del personale, il lavoro lo conoscono bene e il loro contributo è voluto e apprezzato dai dirigenti. Non si può disperdere un personale così formato e qualificato, eppure utilizzato sotto forma di lavoro nero e mal pagato. Così come non è possibile privilegiare alcune categorie, rispetto ad altre, visto che stiamo parlando per la gran parte di lavoratori svantaggiati.

Più volte é stato chiamato in causa il Governo, ma ancora nessuna risposta concreta è stata data e gli scenari prospettati non appaiono certo rosei: serve una soluzione che non li mandi a casa, serve garantire una continuità lavorativa per tutti i 2.650 precari della Giustizia.

Secondo noi, per non disperdere questo patrimonio di professionalità acquisite e per garantire una sempre maggiore efficienza dei servizi resi ai cittadini è necessario che il Governo assuma ogni iniziativa possibile per il graduale reclutamento dei tirocinanti, ovviamente attraverso concorsi e con modalità di assunzione a qualsiasi titolo, in sintonia con le complessive linee di intervento di riforma in itinere senza che ciò comunque comporti, nelle more dell’espletamento di tali procedimenti, la cessazione del rapporto in essere fra i medesimi ed il Ministero della Giustizia.

Giovani quando iniziarono a lavorare, stanno diventando maturi nell’attesa di avere riconosciuto il loro diritto ad un posto di lavoro che, da circa cinque anni, si sono nei fatti conquistato.

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19/07/2016

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