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Stabilizzazione e Risarcimento del personale Docente e ATA

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Stabilizzazione e Risarcimento del personale Docente e ATA

Stabilizzazione e Risarcimento del personale Docente e ATA, ovvero l’assunzione a tempo indeterminato del personale scolastico illegittimamente escluso dal piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di cui alla Legge 107/2015 e successivo D.D.G. 767/2015, c.d. “Buona Scuola”, con oltre trentasei mesi di servizio prestato con diversi contratti a termine, oltre il risarcimento del danno derivante dall’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato, nonché la ricostruzione della carriera con il riconoscimento delle progressioni stipendiali spettante al personale di ruolo, e di ogni altro accessorio economico, contributivo e retributivo discendente dalla continuità del rapporto di lavoro.

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Il ricorso potrà essere promosso dal personale scolastico che ha maturato 36 mesi di anzianità di servizio, prestato anche non consecutivamente e su classi di concorso diverse o su spezzone orario, mediante la sottoscrizione di almeno quattro contratti a tempo determinato su posto vacante e disponibile (fino al 30 giugno o al 31 agosto) presso una scuola statale, anche con riferimento all’anno scolastico in corso. Non verranno presi in considerazione le supplenze brevi in sostituzione di personale titolare assente, né i contratti stipulati con scuole private. E’ possibile far valere i mesi di servizio prestati in ordine all’ultimo contratto sottoscritto ed ancora in corso di svolgimento.

Il personale scolastico che potrà aderire al ricorso è il seguente:

Docente inserito nelle Graduatorie ad Esaurimento (GAE), che ha partecipato al piano straordinario previsto dalla L. 107/2015 ma non ha ottenuto il ruolo, ovvero “NON HA PRESENTATO” la domanda di ammissione al piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di cui alle “Fasi B e C” della medesima Legge 107/15;

Docente “ESCLUSO” dal predetto piano di assunzione straordinario ex L. 107/15, quale il personale docente della scuola dell’infanzia (escluso dai posti di potenziamento), e il personale Docente inserito in II e III fascia delle Graduatorie di Istituto.

Personale ATA.

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Gli interventi legislativi si sono resi necessari in seguito alla questione sollevata da alcuni docenti nei confronti del MIUR, i quali lamentavano l’illegittimità costituzionale delle norme italiane che consentivano nel settore scolastico una successione potenzialmente illimitata di contratti a termine, e che ciò fosse oltretutto in contratto con la direttiva europea che aveva recepito l’accordo quadro in materia di contratti a tempo determinato.

Più precisamente, i ricorrenti si erano ritrovati a prestare servizio di docenza per diversi anni sulla scorta di plurimi contratti a termine, e pertanto, avevano deciso di promuovere ricorso al fine di ottenere l’accertamento dell’illegittimità delle clausole di apposizione del termine e conseguentemente, in via principale, la condanna del Ministero a convertire il rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sin dal primo contratto, e a corrispondere le differenze retributive; mentre in via subordinata avevano chiesto il risarcimento del danno cagionato in misura PROPORZIONATA ed efficacemente DISSUASIVA.

Il Tribunale di Roma, investito della questione, con riferimento all’art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE E CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva n. 1999/70/CE, ha pertanto sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della L. 124 del 1999.

In particolare il comma 1 dell’art. 4, prevedeva la possibilità di assegnare le cattedre e i posti di insegnamento rimasti effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre (e che sarebbero rimasti presumibilmente tali per l’intero anno scolastico, in quanto non era stato possibile assegnarli ai docenti di ruolo), mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa delle procedure concorsuali per l’assunzione del personale docente di ruolo (così anche il comma 11 che estende l’applicazione del comma 1 al personale ATA).

A ciò si aggiungono alcuni interventi legislativi quali il D.L. 134/2009 (conv. ss.mm. in Legge 167/2009), ed il D.L. 70/2011 (conv. ss.mm. in Legge 106/2011), che avevano stabilito che i contratti a tempo determinato stipulati con i docenti per la copertura di supplenze annuali non potevano essere convertiti in contratti a tempo indeterminato.

In conseguenza di ciò la Corte Costituzionale, con ordinanza del 3 luglio 2013 (C-418/13), decide di rimettere la questione pregiudiziale dell’interpretazione del diritto comunitario alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

La Corte di Giustizia Europea è pertanto intervenuta sulla predetta questione con la nota sentenza “Mascolo” (Corte Giust. Ue, Sez. III, sentenza 26 novembre 2014, C-22/13, C-61,62,63/13, C-418/13), in materia di contratto a tempo determinato nel settore dell’insegnamento.

Ed invero, la Corte nel PQM della predetta Sentenza ha statuito che: “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato”.

La Corte di Giustizia Europea, con la superiore pronuncia, ha dichiarato la contrarietà del normativa italiana al diritto dell’Unione Europea, nella misura in cui prevede la reiterazione dei contratti a termine oltre i 36 mesi da parte della Pubblica Amministrazione, senza stabilire alcuna misura diretta a prevenire e a sanzionarne l’abuso.

La medesima Corte, ai fini dell’applicazione della sanzione per il ricorso abusivo ad una successione di contratti a termine, ha precisato che: “77 – Inoltre quando, come nel caso di specie, il diritto dell’Unione non prevede sanzioni specifiche nell’ipotesi in cui vengano nondimeno accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 62 nonché giurisprudenza ivi citata). 78 – Seppure, in mancanza di una specifica disciplina dell’Unione in materia, le modalità di applicazione di tali norme spettino all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio dell’’autonomia procedurale di questi ultimi, esse non devono essere però meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in particolare, sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 63 nonché giurisprudenza ivi citata). – 79 Da ciò discende che, quando si è verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione (sentenza Fiamingo e a., EU:C:2014:2044, punto 64 nonché giurisprudenza ivi citata)”.

Dunque, la Corte di Giustizia Europea, pur riconoscendo piena autonomia procedurale agli Stati membri, tuttavia interviene definendo i caratteri che necessariamente deve avere la sanzione adottata dall’ordinamento giuridico interno in materia di abuso del termine nel contratto di lavoro, ovvero la sanzione deve essere “dissuasiva, proporzionale ed energetica”.

Pertanto, la misura riparatoria in caso di abuso deve presentare garanzie “effettive” (non deve rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione – principio di effettività), ed “equivalenti” (esse non devono essere però meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna – principio di equivalenza).

 

Successivamente alla Sentenza Mascolo del 26/11/2014, la questione ritorna dinanzi alla Corte Costituzionale, la quale però in ordine all’udienza fissata per il 23 giugno 2015 decide di rinviarla anche a causa della pendenza del disegno di legge cd. “Buona Scuola”.

Ed infatti, con la Legge del 13/07/2015 n. 107 viene approvato il disegno di legge “Buona Scuola”.

La Legge 107/2015 in particolare, al fine di evitare l’abuso nella successione dei contratti di lavoro a tempo determinato ha introdotto, al comma 131 dell’art. 1, il limite temporale dei 36 mesi come durata massima per i rapporti di lavoro a tempo determinato del personale scolastico per la copertura dei posti vacanti e disponibili presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, anche non continuativi, stabilendo, altresì, nel successivo comma 132, che in caso di superamento di tale termine si attiverebbe l’operatività del fondo istituito presso il MIUR per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti, alla reiterazione di contrati a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi anche non continuativi su posti vacanti e disponibili.

Ed ancora, la L. 107/2015 al comma 113 ha modificato l’art. 400 del D. Lgs. 297/1994, confermando la cadenza triennale dei concorsi, già prevista nel testo previgente.

Infine, la predetta Legge 107 ha previsto un piano straordinario per l’assunzione a tempo indeterminato esclusivamente del personale docente, scandito in quattro fasi Zero, A, B, e C, per la copertura di tutti i posti rimasti vacanti e disponibili rimasti in seguito alle operazioni di immissione in ruolo effettuato secondo le regole ordinarie stabilite dall’art. 399 del T.U. D.Lgs. 297/1994.

Sulla scorta di tali provvedimenti Legislativi, pertanto, la Corte Costituzionale, in seguito all’udienza del 15 giugno 2016, si è pronunciata con Sentenza n. 187 del 20/07/2016, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1 e 11 della L. 124/1999, nella parte in cui autorizza il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti d lavoro a termine senza che ragioni obiettive lo giustifichino.

Più precisamente la Corte Costituzionale, con riferimento ai caratteri essenziali delle sanzioni in caso di abuso delineati dalla CGE, della dissuasività, proporzionalità ed effettività, ha affermato il carattere alternativo delle misure da adottare, ritenendo sufficiente l’adozione di una sola di tali misure, purché “presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione”

Sulla base di tale considerazione, la Corte ha ritenuto che la L. 107/2015 è intervenuta a sanare, seppure limitatamente al personale docente, le conseguenze dell’abuso, prevedendo un piano straordinario per le assunzioni a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti e disponibili.

Più precisamente, La Corte ha ritenuto che la Legge 107 attribuisce “serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo a tutto il personale interessato secondo una delle alternative espressamente prese in considerazione dalla Corte di giustizia”.

Per il personale ATA, invece, non avendo previsto “alcun piano straordinario di assunzione”, La Corte ha ritenuto che “deve trovare applicazione la misura ordinaria del risarcimento del danno”.

 

Tuttavia, rimane fortemente discutibile se le chances di immissione in ruolo offerte dalla L. 107/2015, oltretutto non a tutto il personale docente che ha superato i 36 mesi di servizio, ma soltanto a quelli che erano inseriti nelle Gae, e non nelle Graduatorie di Istituto (II e III fascia), abbiano carattere di misure che presentino garanzie effettive ed equivalenti.

Ed invero, in seguito alle assunzioni straordinarie eseguite in forza di detta Legge, soprattutto in sede di assegnazione definitiva della sede, moltissimi sono stati  i ricorsi promossi dai docenti stante i diversi profili di illegittimità costituzionale che sono stati sollevati in ordine alla stessa, oggetto fra l’altro di decisione da parte dell’Autorità Amministrativa, che nell’ordinanza n. 4720/2016 pubblicata l’8/08/2016 dal Tar Lazio, sede di Roma, ha ravvisato profili di illegittimità costituzionale dell’O.M. 241/2016, che ha disciplinato la mobilità 2016/2017.

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Il Tribunale di Palermo, Sezione Lavoro, con Sentenze pronunciate nel mese di gennaio 2017 ha disposto l’assunzione retroattiva a tempo indeterminato del personale ATA, con conseguente riconoscimento della carriera.

Nel caso di specie si trattava di personale ATA che, pur essendo inserito da diversi anni nelle graduatorie provinciali, e dunque in posizione utile per il ruolo, aveva tuttavia lavorato solo con contratti a termine.

[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”AUTORITÀ ADITA” color=”mulled_wine” style=”shadow” border_width=”2″][vc_column_text]Giudice del Lavoro, territorialmente competente.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_text_separator title=”TIPOLOGIA DI RICORSO E MODULISTICA” color=”vista_blue” style=”shadow” border_width=”2″][vc_column_text]

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