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Vincono il ricorso e “per punizione” sono costretti a sottoporsi a nuove prove non previste dal bando

nuove proveNon basta una sentenza a ristabilire il torto subito, e così i ricorrenti riammessi a proseguire con le prove previste dal bando di concorso per la selezione di 320 allievi ispettori di Polizia di Stato si sono visti notificare l’avviso di convocazione per effettuare delle prove aggiuntive, non previste dal bando e non eseguite dagli altri candidati. In pratica una sorta di “punizione” per aver messo in risalto le storture del concorso.

A denunciare l’accaduto i legali dello studio Leone-Fell & Associati che hanno assistito i ricorrenti che, oggi, si vedono nuovamente discriminati e a cui non viene garantita, nonostante la sentenza, parità di trattamento.

Il procedimento che ha visto avvocati e candidati vittoriosi davanti ai giudici del Tar riguardava un requisito illegittimo, una clausola, prevista dal bando, che limitava l’accesso al ruolo di Vice Ispettore ai soli candidati aventi una determinata altezza.

Il bando di concorso prevedeva infatti all’art. 2, lett. f), n.2, tra i requisiti di partecipazione, una statura non inferiore a m. 1,65 per gli uomini e m. 1,61 per le donne.

Tale clausola però è stata più volte ritenuta illegittima dal Consiglio di Stato a causa della sua natura discriminatoria. Anche il Tar del Lazio si è espresso, ribadendo che “il divieto di discriminazione all’accesso al pubblico impiego, peraltro, è esplicitamente esteso anche alle attività lavorative che richiedono particolari capacità fisiche, come quelle all’interno delle forze armate o dei servizi di poliziaQueste ultime possono certamente effettuare selezioni, purché non siano basate sul mero dato numerico, quanto su prove realmente selettive, come ad esempio quelle ginniche, dal momento che l’altezza non è parametro adeguato a rispecchiare le effettive capacità fisiche di un soggetto”.

I ricorsisti, discriminati per l’altezza, avendo già superato le prove di efficienza fisica, previste dal bando di concorso, avrebbero dovuto sostenere il colloquio psico-attitudinale, ma sono stati esclusi da questa fase proprio perché non raggiungevano la statura minima indicata (illegittimamente) nel bando di selezione.

Nel ricorso, i legali avevano evidenziato che il bando in questione era stato scritto sulla base di una normativa ormai superata, che prevedeva il requisito dell’altezza, invece di dar seguito al nuovo regolamento in materia di parametri fisici per l’ammissione ai concorsi nelle forze armate.

I giudici del Tar hanno accolto il ricorso e hanno pertanto disposto l’annullamento del provvedimento di esclusione e ordinato all’Amministrazione competente di riammettere i ricorrenti al concorso, consentendo loro di partecipare alle ulteriori fasi.

L’amministrazione però non ha dato seguito alla sentenza, riammettendo i ricorsisti alle prove successiva, ma ha richiesto – solo per loro – l’applicazione del nuovo regolamento, con l’obbligo di sottoporsi a nuove prove fisiche (nello specifico prove bioimpedenziometriche per valutare massa grassa e metabolica e prove con dinamometri per valutare la forza muscolare).

Lo studio legale non si limiterà a denunciare l’accaduto, ma procederà anche con il giudizio di ottemperanza, per chiedere che venga rispettata la sentenza, e ristabilita la parità di trattamento, prevedendo le medesime prove per tutti i candidati, ricorsisti e non.

Pertanto, chiunque avesse avuto una sentenza di riammissione, ma avesse ricevuto una riconvocazione con prove differenti da quelle previste dal bando e a cui si sono già sottoposti gli altri candidati, può aderire all’azione legale.

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20/01/2018

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