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Accesso agli atti e clausola di riservatezza

Accesso agli atti e clausola di riservatezza

Sulla legittimità dell’accesso agli atti amministrativi nel caso in cui un’impresa abbia interesse ad accedere agli atti relativi ad una trattativa commerciale tra la p.a. e altra impresa concorrente caratterizzata da patto di riservatezza.

norma_default200E’ sicuramente interessante, per chi sia interessato a conoscere nel dettaglio la materia del diritto di accesso agli atti amministrativi, la pronuncia oggi in rassegna, con la quale il Consiglio di Stato offre un quadro completo dell’istituto e, soprattutto, delle sue eccezioni. Chiamato a decidere una delicata questione commerciale riguardante la commercializzazione di un farmaco per la cura dell’epatite C, il Collegio, alla luce delle norme di riferimento nonchè della copiosa giurisprudenza, afferma che è legittimo il diniego posto dalla p.a. all’accesso di documenti concernenti una trattativa commerciale tra la p.a. e un’impresa nella quale venga stipulata una clausola di riservatezza. I Giudici, in primis, ricordano che, in base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e ss. Legge n. 241/1990, il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica purché concernenti attività di pubblico interesse. E del resto l’attività amministrativa, soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando l’Amministrazione esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati. Ricordano, altresì, sempre in via generale ed astratta, che deve ritenersi sufficiente, ai fini dell’accesso, a mentre dell’art. 22 della Legge generale sul procedimento, “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Non occorre che sia instaurato, o in via di instaurazione, un giudizio, bastando la dimostrazione del grado di protezione che l’ordinamento accorda alla posizione base, ossia al bene della vita dal quale scaturisce l’interesse ostensivo. In altri termini, la legittimazione all’accesso agli atti della p.a. va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto.
consiglio-di-stato-targaPremesso il quadro generale, secondo cui il diritto di accesso sembra spesso prelavere, ciò che è, invece, – per il Collegio – peculiare e dirimente è l’ipotesi in cui – nella trattativa tra p.a. e soggetto privato – vi sia la pattuizione di una clausola di riservatezza. Per i Giudici non v’è dubbio che, dal punto di vista giuridico, essa vincoli le parti dell’accordo, sempre che non si ponga in contrasto con norme imperative. A tal fine, il Consiglio ricorda che le norme “imperative” in tema di accesso qualificato (ossia sorretto da uno specifico interesse) ai documenti amministrativi sono contenute nel capo V della legge generale sul procedimento. La legge, pur chiarendo in via generale che “l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza” (art. 22 comma 2) e disponendo conseguentemente che “tutti i documenti amministrativi sono accessibili”, ha cura di individuare alcune eccezioni in cui il diritto di accesso è escluso o può essere escluso (art. 22 comma 3 ed art. 24 L. cit.). In particolare, in forza dell’art. 24 comma 6 lett. d) della Legge n. 241/1990, il diritto d’accesso può essere escluso “quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono”. L’esigenza di riservatezza delle imprese in ordine all’interesse commerciale è dunque idoneo, in astratto, a giustificare esclusioni o limitazioni del diritto d’accesso. E’ evidente che deve trattarsi di esigenza oggettivamente apprezzabile, lecita e meritevole di tutela in quanto collegata a potenziali pregiudizi derivanti dalla divulgazione, secondo un nesso di proporzionalità.

Luca Di Carlo per Norma.dbi.it

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