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Concorsi, il giudizio sugli accertamenti psicofisici – attitudinali deve tenere conto degli eventuali precedenti di servizio

IL GIUDIZIO DELLA COMMISSIONE SUGLI ACCERTAMENTI PSICOFISICI- ATTITUDINALI DEVE TENERE CONTO DEGLI EVENTUALI PRECEDENTI DI SERVIZIO DEL CANDIDATO

concorso-730x480Tante, troppe volte, il sogno di ottenere un lavoro, grazie al superamento di un concorso pubblico, si infrange sull’ostacolo rappresentato dalle prove psico-fisiche. Questa particolare tipologia di prove prevede, infatti, che il candidato venga sottoposto ad un completo chek-up da parte di una commissione medica. Lo screening comprende molto spesso esami clinici accurati, il superamento di test atletici e il colloquio con un psicoanalista. Vista la peculiarità della prova, molto spesso i risultati ai quali perviene la commissione medica non sono sempre condivisibili. A farne le spese, neanche a dirlo, sono i tanti concorrenti che pur essendo stati dichiarati fisicamente e psicologicamente “idonei” dai propri medici di fiducia, si ritrovano estromessi dalla selezione a causa di inesattezze e imprecisioni – anche di natura strumentale – operate dalla commissione medica. In particolare, a suscitare più di un dubbio, è la verifica psico-attitudinale che, a seconda del professionista che la esegue, può portare a conclusioni diametralmente opposte. Un esempio concreto lo affronta  il Tar del Lazio che, attraverso una recentissima pronuncia di Aprile, ha avuto modo di chiarire che “il giudizio teorico relativo agli accertamenti psico- attitudinali proprio in relazione alla esclusiva funzione prognostica connotata da ampio margine di incertezza, comporta e richiede che la determinazione finale consideri e valuti anche l’obiettivo dato fattuale costituito dagli eventuali precedenti di servizio dei candidati.”

La ratio di tale disposizione è quella di evitare discriminazioni ingiustificate e l’illegittima esclusione dal ruolo soprattutto per coloro che hanno già sostenuto, a margine di un precedente concorso o impiego, le suddette prove risultando idonei.

Altro esempio di estrema attualità riguarda il concorso bandito dal Ministero dell’Interno per il reclutamento di  559 allievi agenti, riservato ai sensi dell’articolo 2199, comma 4, lettera a), del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale…”

Ed infatti, proprio pochi giorni fa, è arrivata una segnalazione al nostro studio da parte di un concorrente che ha superato brillantemente tutte le prove concorsuali tranne l’ultima, la prova psico-attitudinale consistente in un colloquio da parte di  una commissione psicologa.

Ciò che desta maggiore perplessità è la circostanza che il ragazzo in questione ha prestato servizio come VFP1, il cui accesso è subordinato all’espletamento di prove psico-attitudinali.

Lo stesso, peraltro, ha riportato  nella documentazione di servizio rilasciata dal Comandante, la votazione di eccellente nonché un Elogio per le spiccate qualità morali e professionali.

Pertanto, la sussistenza dei requisiti psico-attitudinali è già stata positivamente valutata a suo tempo e, alla luce delle ultime decisioni del Tar del Lazio, siamo sicuri che il giovane candidato ( e tutti coloro che trovano in una situazione simile alla sua) potrà ottenere giustizia rivolgendosi al Tribunale amministrativo.

Per avere maggiori informazioni o per aderire al ricorso promosso dallo studio legale ci scriva all’indirizzo [email protected]  o compili il nostro form  “Raccontaci il tuo caso”.

Articolo a cura di Luciana Russo

24/05/2017

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