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Contrattazione a tempo determinato, i limiti per i datori di lavoro e le possibili tutele per i dipendenti

Contrattazione a tempo determinato, i limiti per i datori di lavoro e le possibili tutele per i dipendenti

86367_comeredigereuncontrattoaprogetto_479db2b1b1f4e23be8a09a3afa065aa0La contrattazione a tempo determinato è tra gli istituti maggiormente contrastati dalla legislazione del nostro Paese.

Ed infatti, sulla scorta del primissimo assunto della nostra Carta Costituzionale, che prevede per l’appunto che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, il legislatore, nel nuovo millennio, ha cercato di porre un freno, sempre più incisivo, alle forme di contrattazione flessibile.

Tanto per i dipendenti pubblici, quanto per quelli privati, infatti, viene previsto un limite di carattere temporale: i contratti a tempo determinato non possono eccedere i 36 mesi.

Tale assunto di base trova una sola deroga, minima peraltro, che garantisce ai datori di lavoro di proseguire il rapporto di lavoro, anche oltre la scadenza, per un periodo massimo di 30 giorni (qualora l’ultimo contratto abbia avuto una durata massima di 6 mesi) e di 50 giorni (nel caso in cui la durata dell’ultimo contratto superi i 6 mesi).

Peraltro, tale deroga, introdotta al fine di non gravare sul datore di lavoro con il peso della scadenza del termine e con la conversione automatica a tempo indeterminato, viene compensata, a favore del lavoratore, con la previsione di una maggiorazione retributiva pari al 20% per i primi 10 giorni e del 40% per i giorni successivi al decimo.

Contrattazione a tempo determinato, il limite dei 36 mesi

contratto-a-tempo-determinato-638x425Il limite dei 36 mesi non è, però, l’unico ad intervenire. Ed infatti, le proroghe (da intendersi come slittamento del termine di scadenza del contratto prima che intervenga la naturale scadenza dello stesso) effettuate a partire dal 19 marzo 2014, data di entrata in vigore del D.L.vo 34/2014, non possono eccedere il numero massimo di 5, dovendosi considerare automaticamente convertito il rapporto di lavoro del dipendente privato a partire dalla sesta eventuale proroga.

Tale previsione è stata introdotta per contrastare un fenomeno diffuso, ossia quello di assumere personale con contratti a tempo determinato di breve durata (trimestrale o semestrale) e successivamente procedere, metodicamente, a continue proroghe dello stesso, come avviene, per esempio, per i dipendenti della s.p.a. Poste Italiane.

Il dipendente privato i cui contratti a termine abbiano superato i limiti sopra descritti potrà, quindi, agire giudizialmente per il riconoscimento del proprio diritto alla conversione automatica del rapporto.

La situazione cambia, invece, per i pubblici dipendenti, pur sussistendo in tale ambito i medesimi limiti di carattere temporale.

Ed infatti, l’art. 36, comma 5, del d. lgs. 165/2001, prevede esplicitamente l’impossibilità di conversione automatica del rapporto, e, quindi, l’impossibilità di applicare le disposizioni di cui al d .lgs. 368/2001.

Contrattazione a tempo determinato, la normativa Costituzionale

Tale impossibilità discende direttamente dalla Costituzione, la quale prevede, al suo articolo 97, che l’accesso al pubblico impiego debba necessariamente essere preceduto dal superamento di un concorso pubblico.

Ma il pubblico dipendente, i cui contratti abbiano superato i 36 mesi, o comunque, le 5 proroghe, viene, comunque ritenuto meritevole di tutela.

Lo stesso, infatti, potrà agire per il risarcimento del danno patito in forza dell’abuso, da parte dell’ente datore di lavoro, della contrattazione a tempo determinato, senza che sia necessario fornire la prova del danno effettivamente subito e senza dover quantificare lo stesso.

Contrattazione a tempo determinato, le pronunce della Cassazione

cassazione-agenzialegaleA tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione, la quale, recependo le indicazioni dettate in materia dalla Corte di Giustizia Europea, nell’individuare le misure satisfattive del danno ha stabilito che al lavoratore precario, i cui contratti a tempo determinato abbiano ecceduto le 36 mensilità, debba esser riconosciuto un risarcimento del danno (in misura variabile dalle 2,5 alle 12 mensilità) senza che lo stesso lavoratore sia onerato in alcun modo di fornire la prova concreta del danno patito. Il danno è, infatti, considerato in re ipsa sussistente nel momento in cui si faccia abuso dello schema contrattuale a tempo determinato. (tra le altre Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 aprile – 18 luglio 2016, n. 14633).

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Articolo a cura del Dott. Marco Cassata

18/01/2017

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