I contratti di somministrazione a tempo determinato: quando possono considerarsi legittimi
La disciplina dei contratti di somministrazione di lavoro è dettata dall’articolo 20 del decreto legislativo 276/2003.
Lo stesso definisce il contratto di somministrazione di lavoro come quel particolare schema contrattuale in cui un soggetto utilizzatore si rivolga ad un soggetto somministratore (il quale deve possedere i requisiti propri dell’agenzia del lavoro ai sensi degli artt. 4 e 5 del decreto stesso) per beneficiare delle prestazioni lavorative di quest’ultimo.
I lavoratori svolgeranno, infatti, la propria attività lavorativa sotto la direzione dell’utilizzatore.
Anche i contratti di somministrazione, al pari di qualsiasi contratto di lavoro, prevedono sia la forma a tempi indeterminato che la forma a tempo determinato.
Affinché l’utilizzatore possa fare ricorso a quest’ultima, ponendo quindi un termine di scadenza al rapporto con il lavoratore, è necessario che siano rispettati i requisiti posti dal comma 4 del richiamato articolo 20.
Lo stesso, infatti, prevede che “La somministrazione di lavoro a tempo determinato e’ ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore. La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato e’ affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi in conformità alla disciplina di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.”.
Le specifiche ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, devo essere esplicitata nel contratto di lavoro affinché lo stesso possa essere considerato legittimo.
I contratti di somministrazione a tempo determinato: parola alla Cassazione
Sul punto si è espressa, a più riprese, anche la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha introdotto il principio secondo il quale “in materia di rapporto interinale, la mancanza o la generica previsione, nel contratto intercorrente tra l’impresa fornitrice ed il singolo lavoratore, dei casi in cui è possibile ricorrere a prestazioni di lavoro temporaneo, in base ai contratti collettivi dell’impresa utilizzatrice, spezza l’unitarietà della fattispecie complessa voluta dal legislatore per favorire la flessibilità dell’offerta di lavoro nella salvaguardia dei diritti fondamentali del lavoratore e fa venire meno quella presunzione di legittimità del contratto interinale, che il legislatore fa discendere dall’indicazione nel contratto di fornitura delle ipotesi in cui il contratto può essere concluso. Pertanto, trova applicazione il disposto di cui all’articolo 10 della L. 24 giugno 1997, n. 196 e dunque quanto previsto dall’articolo 1 della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, per cui il contratto di lavoro col fornitore interposto si considera a tutti gli effetto instaurato con l’utilizzatore”. (v. tra le altre Cass. Civ. sez. Lavoro n. 13960/11)
In parole più semplici, la Corte di Cassazione ha previsto che, nel caso in cui il contratto di somministrazione a tempo determinato non sia corredato da particolari motivazioni o nel caso in cui le stesse non siano debitamente e analiticamente specificate nel contratto stesso, l’apposizione del termine al contratto debba essere considerata illegittima.
I contratti di somministrazione a tempo determinato: cosa può fare il lavoratore
Il lavoratore, pertanto, potrà richiedere, entro 60 giorni dall’interruzione del rapporto a tempo determinato, l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 27 del richiamato decreto legislativo, consistente nella costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze della società utilizzatrice.
Se il lavoratore ha prestato servizio presso un ente pubblico, il regime di tutela prevede, invece, il riconoscimento di un risarcimento del danno, da quantificare in misura variabile tra le 2.5 e le 12 mensilità, in quanto, ai sensi dell’art. 97 Cost. non è possibile l’accesso al pubblico impiego, senza che il lavoratore abbia preventivamente superato un concorso pubblico.
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Articolo a cura del Dott. Marco Cassata
19/04/2017