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L’impatto del coronavirus sugli affitti

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[/vc_column_text][vc_single_image image=”28774″ img_size=”full”][vc_column_text]L’epidemia si fa sentire sul settore immobiliare e uno dei punti di sofferenza più acuto è quello degli affitti. Cerchiamo di fare il punto della situazione, di analizzare le opzioni offerte dal nostro ordinamento alla luce delle norme del codice civile e delle disposizioni del Decreto “Cura – Italia”.[/vc_column_text][vc_message]Indice degli argomenti.

  1. Affitti commerciali.
  2. Affitti ad uso abitativo.
  3. La ricerca di una soluzione concordata.
  4. 91 e 103 del D.L. n. 18/2020.

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Affitti commerciali e covid-19

Secondo le ultime statistiche, i negozi in affitto in Italia sono oltre 809.000. La chiusura di questi giorni ha messo in dubbio il pagamento dei canoni e sono state numerose le richieste di rinegoziazione dei canoni.

Il decreto “Cura-Italia” ha previsto un credito di imposta pari al 60% del canone del mese di marzo, con tutti i limiti di cui a breve parleremo. È un bonus fiscale con diverse limitazioni, quello previsto dall’art. 65 del decreto “Cura – Italia” (D.L. n. 18/2020).

Si tratta, in particolare, di “un credito di imposta del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1”.

L’agevolazione spetta al conduttore, ed è riservata ai soggetti esercenti attività di impresa e non trova applicazione riguardo a quelle attività che possono restare aperte durante l’emergenza coronavirus.

Il primo limite riguarda la categoria catastale C/1 (negozi e botteghe, in cui ricadono però molti ristoranti, pizzerie e bar). Il riferimento a questa categoria catastale è stato riduttivo. Ci sono, infatti, molte attività che sono state sospese in quanto non rientrati tra quelle essenziali, che vengono svolte in immobili con classificazione catastale diversa. Si pensi, ad esempio ai piccoli artigiani che svolgono la propria attività in laboratori per arti e mestieri (categoria C/3), alle palestre (D/6) o ai negozi ubicati nei centri commerciali che oltre ad essere classificati D/8, sono il più delle volte condotti in regime di affitto di azienda.

Il canone su cui calcolare il credito è quello relativo al mese di marzo 2020 e per ora limitato soltanto a questo mese (salvo possibili estensioni da parte di provvedimenti successivi). Il credito è calcolato sul canone contrattualmente stabilito e riferibile al mese di marzo. Non rilevano eventuali ritardi di pagamento o dilazioni.

Discorso diverso, se il canone è stato formalmente ridotto – anche soltanto temporaneamente, ma con decorrenza dal 1° marzo – in virtù di un accordo (registrato); in questo caso il tax credit maturerà sull’ammontare del canone ridotto.

L’utilizzo del credito può avvenire soltanto in compensazione (con altri tributi) in base a quanto disposto dall’art. 17 del D.lgs n. 241/97 tramite modello F24, con il codice tributo 6914: “credito d’imposta canoni di locazione botteghe e negozi – articolo 65 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18).

  • Tra le novità allo studio del Governo, c’è l’estensione del bonus fiscale sempre del 60% anche ai lavoratori autonomi, relativamente all’affitto degli immobili dove svolgono la propria attività. Tra i nuovi soggetti dovrebbero esserci anche albergatori e tour operator.

Le possibili soluzioni giuridiche al problema delle locazioni ad uso diverso.

Diciamo sin da subito che, ogni situazione deve essere valutata caso per caso e con riferimento al contratto di locazione in essere, e che non è possibile per il conduttore sospendere unilateralmente il pagamento del canone di locazione ovvero ridurlo senza il consenso del locatore.

Tuttavia, alla luce dell’attuale situazione straordinaria provocata dalla diffusione del virus Covid-19, e determinata dalle misure assunte dal Governo per contrastare l’epidemia di Coronavirus, con l’obbligo della chiusura della maggior parte degli esercizi commerciali e delle attività non essenziali, è legittimo chiedersi se si può giustificare la posizione dei conduttori di immobili ad uso diverso che chiedono la riduzione del canone di locazione?

È d’obbligo avvisare il lettore che le soluzioni giuridiche di cui si dirà a breve, sono frutto di una interpretazione dei principi generali del nostro ordinamento, e che nessuna di esse, tuttavia, potrebbe soddisfare appieno l’aspettativa del conduttore, in quanto si tratta di ipotesi che comportano la cessazione dell’attività.

1) Una prima soluzione è quella prevista dall’art. 27, l. n. 392/1978 per cui, per gravi motivi, il conduttore può recedere con preavviso di 6 mesi; soluzione che comporterebbe, comunque, la cessazione dell’attività. Il che, evidentemente, non è cosa gradita in attesa che la crisi da Coronavirus possa essere superata; inoltre, bisognerebbe pur sempre valutare che si tratta, quantomeno al momento, di una situazione temporale, come tale non definitiva, che potrebbe anche concludersi nell’arco di qualche settimana; tra l’altro, il canone per il semestre dovrebbe rimanere quello contrattuale;

2) l’altra ipotesi è quella della impossibilità parziale sopravvenuta, come prevista dall’art. 1464 c.c.; tale disposizione, infatti, prevede la possibilità della riduzione della prestazione (canone); bisognerebbe, tuttavia, considerare la vicenda del Coronavirus come “… prestazione di una parte (locatore) divenuta solo parzialmente impossibile …”; quindi, ritenendo violato l’obbligo del locatore di consegnare e mantenere il bene in condizione da essere utilizzato secondo l’uso contrattualmente stabilito ai sensi dell’art. 1575 c.c.; inoltre – anche qui come sopra – va considerato che la situazione di “impossibilità sopravvenuta parziale”, allo stato non ha le caratteristiche della definitività;

3) la terza ipotesi è quella della eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c.; tale soluzione, tuttavia, potrebbe determinare solo la pretesa di risoluzione del contratto da parte del conduttore (evitando il preavviso di 6 mesi per gravi motivi); ciò sempre che il locatore, di fronte alla richiesta risoluzione, non “offra di modificare equamente le condizioni del contratto”; anche in questo caso, tuttavia, va considerata la non definitività della situazione di crisi che determina l’eccessiva onerosità ed il fatto che vi è il rischio di risoluzione del contratto e, pertanto, di cessazione dell’impresa;

4) la quarta ipotesi è quella della impossibilità parziale di rendere la prestazione dovuta (canone) quando la stessa sia divenuta impossibile solo in parte, ai sensi dell’art. 1258 c.c.; in questo caso, il debitore (conduttore) si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile; anche qui, tuttavia, deve considerarsi che l’impossibilità parziale, allo stato, non è definitiva; superata l’emergenza, infatti, l’immobile sarà nuovamente e totalmente utilizzabile;

5) a seguito del provvedimento di chiusura delle attività commerciali di cui al D.P.C.M. 11 marzo 2020, come integrato dal DPCM del 22 marzo 2020, risulta ammissibile la disposizione relativa alla c.d. impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione di cui all’art. 1256 c.c.; va considerato, infatti, che il divieto di esercitare l’attività determina l’impossibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile, quale prestazione dovuta dalla contro parte (locatore); la mancanza degli incassi determina l’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione (canone); ciò per il tempo per il quale durerà l’emergenza sanitaria; pertanto, in applicazione della citata disposizione, il conduttore “non è responsabile del ritardo nell’adempimento”; si tratta, tuttavia, di una posticipazione dell’obbligo e non di una sua esclusione; tale ultima potrà avvenire solo qualora l’impossibilità perduri fino a quando, considerato il rapporto in corso, non vi sia più obbligo a corrispondere la prestazione del canone; al contrario, dal momento in cui cessi l’impossibilità sia cessata, il conduttore sarà tenuto al pagamento dei canoni precedenti non corrisposti.

  • Attenzioneperò, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione o l’eccessività onerosità per causa di forza maggiore, non determinano automaticamente l’esenzione dall’obbligo contrattuale, ma sarà necessario dimostrare che la situazione sia effettivamente riconducibile al fenomeno del Coronavirus e che non vi siano altre possibilità di eseguire la prestazione e che non vi siano elementi imputabili a responsabilità del debitore (conduttore).

Affitti a uso abitativo

Il decreto “Cura-Italia” in questo caso non ha previsto misure specifiche per i tantissimi inquilini in difficoltà con il pagamento del canone, né per i proprietari alle prese con le morosità; nè le considerazioni sopra svolte a proposito della risoluzione del contratto possono agevolmente trovare applicazione riguardo alle locazioni ad uso abitativo.

Una possibile soluzione per il conduttore in difficoltà con il pagamento del canone e che non ha più interesse a portare avanti la locazione potrebbe essere quella di esercitare il diritto di recesso per gravi motivi, avendo cura di rispettare il termine di preavviso contrattualmente stabilito, ovvero in mancanza quello di 6 mesi previsto dalla legge.

Anche qui, valgono alcune delle considerazioni sopra svolte, per cui il conduttore dovrà comunque corrispondere al proprietario di casa il canone dei mesi di preavviso.

Allora cosa possono fare gli inquilini in difficoltà con il pagamento del canone?

Un aiuto può arrivare da strumenti già esistenti come il “Fondo per morosità incolpevoli”, finora utilizzato soltanto a metà.

Vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta.

È un fondo istituito al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con una dotazione complessiva, per il periodo 2014-2020, di 265 milioni di euro, che rappresenta uno strumento di sostegno al reddito delle categorie sociali più deboli facilitandone il pagamento degli affitti. Riducendo, al contempo, il fenomeno della morosità. Le risorse ripartite servono per erogare contributi a favore di inquilini che per intervenuta perdita o riduzione del reddito non riescono più a pagare l’affitto di casa.

Per morosità incolpevole si intende la “situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo in ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare  da ricondurre ad una delle seguenti cause: perdita del lavoro per licenziamento; accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell’orario di lavoro; cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale; mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente; malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell’impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali”.
L’importo massimo di contributo concedibile, per sanare la morosità incolpevole, è di 8.000 euro.

Ciascun Comune nel consentire l’accesso ai contributi nei limiti delle disponibilità finanziarie, verificherà che il richiedente sia in possesso di determinati requisiti, tra i quali:

1) Reddito I.S.E. (Indicatore della Situazione Economica) non superiore ad euro 35.000,00 o reddito derivante da regolare attività lavorativa con un valore I.S.E.E. (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) non superiore ad euro 26.000,00;

2) avere un contratto di locazione regolarmente registrato (con esclusione di immobili di valore appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9, cioè le abitazioni signorili, le ville e i castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici) e risieda nell’alloggio oggetto della procedura di rilascio da almeno un anno;

3) nessun componente del nucleo familiare deve avere la proprietà, l’usufrutto, l’uso o abitazione di un immobile fruibile nella stessa provincia;

4) essere destinatario di sfratto per morosità.

La presenza all’interno del nucleo familiare di un componente ultrasettantenne o minore, o con invalidità accertata per almeno il 74%, o ancora in carico ai servizi sociali o alle competenti aziende sanitarie locali per l’attuazione di un progetto assistenziale individuale, costituisce criterio preferenziale per la concessione del contributo da parte del comune.

La ricerca di una soluzione concordata.

Abbiamo visto che il conduttore non ha diritto ad un’automatica riduzione del canone e che le soluzioni spiegate non soddisfano a pieno le esigenze e gli interessi delle parti.

È auspicabile, allora, che in un momento storico straordinario e di grande difficoltà come quello che il nostro Paese sta attraversando, i proprietari e inquilini percorrano la strada dell’accordo; e ciò sia in un’ottica solidaristica, sia al fine di evitare lunghi, defatiganti e costosi contenziosi.

Il nostro consiglio, rivolto sia ai proprietari degli immobili, sia ai conduttori, è quello di trovare un accordo per la riduzione/sospensione del canone di locazione, sino a quando la situazione di emergenza non sarà cessata e gli esercizi commerciali potranno riaprire.

  • La riduzione/sospensione del canone di un contratto di locazione in corso di esecuzione non deve essere obbligatoriamente comunicata all’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia, la registrazione è caldamente raccomandata, soprattutto dal punto di vista del locatore, per non vedersi chiedere dal Fisco le imposte parametrate sul canone originale.

Peraltro, l’accordo, se lo si registra sarà esente da imposta di registro e da imposta di bollo in virtù dell’articolo 19 del D.L. 133/2014.

Artt. 91 e 103 del D.L. 18/20 c.d. “Decreto Cura-Italia”

Il rispetto delle misure di contenimento attenua l’onere della prova del debitore.

In ultimo, cerchiamo di fare chiarezza su una norma contenuta nel Decreto “Cura – Italia” che interessa anche il tema degli affitti che abbiamo appena affrontato e che ha l’apprezzabile finalità di agevolare i debitori che si trovano in serie difficoltà economica a causa delle misure emergenziale di contenimento adottate dal Governo e non riescono ad adempiere alle obbligazioni assunte, pensiamo appunto al pagamento del canone di locazione.

L’art. 91 del DL 18/2020  introduce una disposizione che nell’intenzione del legislatore, è diretta a considerare le conseguenze di un inadempimento qualora le stesse derivino dal “… rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto …” precisando che tale situazione “ … è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 (responsabilità del debitore) e 1223 (risarcimento del danno) c.c. …” e ciò in relazione a “… eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti”.

Tale disposizione ha un mero ed esclusivo valore rafforzativo e confermativo, delle disposizioni dell’ordinamento che lo stesso art. 1218 richiama direttamente. Si tratta proprio delle disposizioni di cui agli artt. 1256 c.c. (impossibilità definitiva o temporanea) e 1258 c.c. (impossibilità parziale) che abbiamo sopra considerato. Ciò sia in relazione all’argomento che qui ci occupa relativo al pagamento del canone, sia in ordine a tutte le diverse e variegate possibilità di “inadempimento” che derivino dal rispetto delle disposizioni limitative che l’emergenza sanitaria ha imposto.

Si tratta, a ben vedere, di un invito rivolto per i giudici a prestare a maggiore attenzione alle ragioni dei debitori in difficoltà economica in questa fase di grave emergenza.

Sospensione dei procedimenti di rilascio degli immobili.

Infine, merita di essere segnalato l’art. 103 del Decreto “Cura – Italia”, che ha previsto la sospensione sino al 30 giugno 2020 dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo.

A cura dell’Avv. Enrico Giuffrè

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22/04/2024

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