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Sì alla pensione di reversibilità anche all’ex coniuge divorziato

pensione di riversibilità, anziana sorridente

La pensione di reversibilità spetta anche al coniuge divorziato! Ecco come richiederla

La pensione di reversibilità

La pensione di reversibilità rappresenta un supporto economico concesso ai familiari del pensionato (o lavoratore) defunto, allo scopo di garantire un’adeguata copertura previdenziale. Si tratta di un diritto riconosciuto al coniuge o al partner convivente del defunto, e non direttamente all’originario titolare del beneficio previdenziale.

L’ammontare della pensione di reversibilità varia considerevolmente e dipende dalle condizioni finanziarie dei beneficiari. Tale pensione può essere destinata al coniuge, ai figli minorenni o maggiorenni e ad altri eredi specifici del defunto. In pratica, la pensione di reversibilità è un assegno erogato in base a una percentuale della pensione spettante al defunto. In questo articolo, esamineremo il funzionamento generale della pensione di reversibilità e le ultime informazioni riguardanti il suo funzionamento.

Quanto spetta alla vedova?

La porzione della pensione di reversibilità che spetta alla moglie del coniuge defunto varia in base al numero di figli. Nel caso in cui non vi siano figli, la quota percentuale è del 60%. Se invece c’è un solo figlio, la quota sale all’80%. Infine, se ci sono due o più figli, la moglie ha diritto alla totalità della pensione di reversibilità, ossia il 100%.

 

Spetta anche all’ex coniuge divorziato?

Il diritto alla pensione di reversibilità è disciplinato per la prima volta dall’articolo 13 del Regio Decreto – Legge 14 Aprile 1939, n. 636, il quale permette al coniuge e ai figli superstiti di recuperare una quota di pensione. Anche il coniuge divorziato, che ha ottenuto un assegno divorzile dall’Autorità Giudiziaria, può chiedere il riconoscimento della pensione di reversibilità.

Sul tema si è pronunciata la Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 159/1988. Rispetto alla posizione del coniuge divorziato è necessario citare un’importante principio contenuto in essa, secondo il quale “ove al momento della morte dell’ex coniuge titolare di un diritto a pensione, allo stesso sopravvivano il coniuge divorziato (a sua volta titolare di assegno divorzile) ed un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, entrambi i coniugi, divorziato e superstite hanno pari ed autonomi diritti all’unico trattamento di reversibilità che l’ordinamento previdenziale riconosce al coniuge sopravvissuto“.

Il principio è stato, inoltre, confermato da una circolare Inps, la 185 del 18/11/2015.

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Test Medicina 2023, guida ai Tolc

test medicina, ragazzi che partecipano al tolc medicina

A partire da quest’anno e per gli anni accademici successivi sono cambiate le modalità di accesso ai corsi di laurea in Medicina, Odontoiatria e Veterinaria. Il classico Test Medicina è stato, infatti, sostituito dal Test Tolc.

Ti sei iscritto ai Tolc di aprile? Iscriviti al webinar che terremo martedì 11 aprile alle ore 17, ti spiegheremo quali errori non commettere il giorno della prova e come affrontare al meglio il test!

Banner per il webinar sugli errori da non commettere per superare il test tolc

Quando si svolgeranno i Test Tolc?

Il Tolc è l’acronimo di Test OnLine Cisia ed è un test ideato appositamente per chi vuole iscriversi a un corso di laurea che richiede una valutazione delle conoscenze iniziali prima dell’iscrizione, come Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, ma anche per altri corsi di laurea a numero chiuso come per l’area di Ingegneria, Economia, Farmacia, Scienze, Studi Umanistici, Agraria e Psicologia.

Le sessioni previste per lo svolgimento dei Tolc sono due per ciascun anno solare. In particolare per l’anno accademico in corso le sessioni d’esame sono state fissate:

  • dal 13 al 22 aprile 2023;
  • dal 15 al 25 luglio 2023.

Mentre per l’anno accademico 2024/2025 i test Tolc si svolgeranno a febbraio e ad aprile 2024 nelle sessioni che verranno determinate con successivi decreti.

Per ciascuna sessione dei Tolc la somministrazione dei test verrà effettuata in presenza presso la sede scelta dal candidato al momento dell’iscrizione alla prova. Lo svolgimento del test Tolc avviene mediante l’utilizzo della piattaforma informatica Cisia in apposite postazioni predisposte dagli Atenei.

Sia per il Tolc Med (previsto per l’accesso a Medicina e chirurgia, Odontoiatria e protesi dentaria) sia per il Tolc Vet (accesso a Medicina veterinaria) le prove dureranno 90 minuti e consistono in 50 quesiti. Ogni Tolc sarà diverso da studente a studente e sarà composto da quesiti selezionati da un database unico del Cisia, ma avrà un livello di difficoltà analogo o comunque paragonabile. 

Chi può iscriversi al Tolc Med e Tolc Vet?

Possono partecipare ai Tolc Med e ai Tolc Vet gli studenti iscritti al quarto o quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado italiane o estere che consentono l’acquisizione di un titolo idoneo all’accesso ai corsi universitari e tutti coloro che sono già in possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado.

L’iscrizione al Tolc deve essere effettuata attraverso il sito web del Cisia www.cisiaonline.it.

Durata della prova

Il nuovo test durerà dunque 90 minuti.  Il Tolc è composto da 50 quesiti a risposta multipla, con 5 possibili risposte, di cui solo una è corretta. L’obiettivo è proprio quello di saper riconoscere la risposta “giusta” e segnarla all’interno del test. Le domande saranno dunque così suddivise:

  • 7 quiz di comprensione del testo, conoscenze acquisite negli studi – 15 minuti;
  • 15 quiz di biologia – 25 minuti;
  • 15 quiz di chimica e fisica – 25 minuti;
  • 13 quiz di matematica e ragionamento – 25 minuti.

Ogni sezione ha un tempo prestabilito, al termine del tempo di una sezione il candidato deve procedere e avviare la successiva come da istruzioni e nell’ultima sezione del test è possibile terminare correttamente la prova come da istruzioni ricevute da ciascun candidato all’atto dell’iscrizione; il candidato può utilizzare tutto il tempo assegnato a ciascuna sezione o chiuderla in anticipo rinunciando al tempo residuo.

Tolc, studenti in medicina felici

Punteggio reale e punteggio equalizzato

Con l’avvento del Tolc l’attribuzione di punteggio verrà suddivisa in:

  • 1,00 punti per ogni risposta esatta;
  • 0,25 punti per ogni risposta errata;
  • 0 punti per ogni risposta omessa.

Rispetto al vecchio Test Medicina, il peso di un errore è minore, poiché non vi è la penalità per le risposte errate.

Poiché ogni Tolc sarà differente, il punteggio dovrà essere equalizzato e sarà ottenuto sommando il punteggio conseguito dal candidato con le risposte fornite ai quesiti (punteggio “non equalizzato”) e un numero che misura la difficoltà della prova denominato “coefficiente di equalizzazione della prova”. Questo per garantire meritocrazia e parità di trattamento.

L’articolo 9 del decreto precisa, al comma 1, che “al fine di garantire la ripetibilità della prova, la parità di condizioni d’accesso e la valutazione comparativa dei risultati, il punteggio ottenuto da ciascun candidato in ciascun periodo di erogazione dei test Tolc sarà equalizzato in base alla difficoltà della prova, in modo da garantire che i risultati conseguiti dai candidati, anche in momenti diversi, siano tra loro comparabili, ovvero sia garantita l’omogeneità delle prove somministrate e sia assicurato il medesimo grado di selettività tra tutti i partecipanti”.

Istanza di inserimento nella graduatoria di merito

Ai fini dell’immatricolazione nell’anno accademico 2023/2024 i candidati potranno scegliere il punteggio migliore tra quelli conseguiti nelle due sessioni per l’anno solare 2023 e, ai fini dell’immatricolazione nell’anno accademico 2024/2025, i candidati che abbiano già preso parte ai test Tolc svolti nell’anno solare 2023 potranno utilizzare il punteggio migliore utilizzato in tale anno solare e quelli ottenuti nell’anno solare 2024.

I candidati potranno inserire la domanda di partecipazione con le proprie opzioni dal 31 luglio 2023 e fino al 24 agosto 2023, alle ore 15.00, attraverso il portale Cineca.

Pubblicazione della graduatoria

La pubblicazione della graduatoria nazionale è prevista per il 5 settembre 2023, molto prima rispetto agli anni precedenti visto che le prove si svolgevano a inizio settembre.

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Decreto Flussi 2023: le nuove regole per l’ingresso dei lavoratori non comunitari in Italia

decreto flussi, lavoratori stranieri sorridenti

Il Decreto Flussi 2023 rappresenta un'importante opportunità per i datori di lavoro italiani di assumere lavoratori stranieri non comunitari. Le novità introdotte consentono di semplificare e accelerare il processo di selezione, riducendo al contempo la burocrazia.

Cos’è il Decreto Flussi?

Il Decreto Flussi è un provvedimento annuale emesso dal Governo italiano che determina le quote di ingresso dei lavoratori stranieri in Italia. Il decreto, approvato dal Ministero dell’Interno, prevede un contingente massimo di lavoratori per l’anno 2023 e stabilisce i requisiti e le procedure per l’ottenimento dei permessi di soggiorno e di lavoro.

Tra le altre novità, la principale è l’aumento del numero di lavoratori ammessi in Italia. Nel dettaglio, il Decreto Flussi prevede l’ammissione di 70.000 lavoratori stranieri non comunitari, suddivisi tra le varie categorie previste.

Il provvedimento si applica a diverse categorie di lavoratori, tra cui dipendenti, lavoratori stagionali, lavoratori autonomi e artisti. Ogni categoria ha requisiti specifici per ottenere il permesso di soggiorno e di lavoro in Italia.

Il Decreto Flussi 2023, recentemente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, prevede un’importante novità rispetto al passato: l’introduzione di una quota di lavoratori altamente qualificati. In particolare, il decreto prevede la possibilità di assumere fino a 3.500 lavoratori altamente qualificati, che saranno distribuiti in base alle esigenze di alcune categorie produttive. Questa quota di lavoratori specializzati sarà divisa in tre categorie: 1.500 per i settori tecnologici, 1.000 per i settori scientifici e 1.000 per i settori medici.

Inoltre, il decreto prevede una quota di 30.000 lavoratori stagionali, che potranno essere impiegati in attività legate al turismo, all’agricoltura e alla ristorazione. Questa quota è in linea con quella degli anni precedenti.

Come funziona il Decreto Flussi 2023?

Il Decreto Flussi 2023 prevede l’introduzione di nuove misure per semplificare le procedure di ingresso dei lavoratori stranieri. Ad esempio, sarà possibile presentare la domanda di visto direttamente online e saranno introdotte misure per facilitare il rinnovo del permesso di soggiorno.

Inoltre, è stata introdotta la possibilità per i datori di lavoro di presentare una sola domanda di ingresso per più categorie di lavoratori, riducendo così la burocrazia e semplificando il processo di selezione. È stato introdotto anche un sistema di quote differenziate per alcune categorie di lavoratori, come ad esempio i lavoratori domestici, per i quali è stata prevista un’ulteriore riduzione del numero di ingressi rispetto alle precedenti edizioni.

Il Decreto Flussi 2023 prevede anche la possibilità di rilasciare permessi di soggiorno temporanei per motivi di studio o formazione professionale. Questa è un’importante novità rispetto ai precedenti decreti flussi, in cui la possibilità di richiedere un permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione professionale era limitata solo ad alcune categorie di lavoratori.

Per ottenere il permesso di soggiorno e di lavoro in Italia, i lavoratori non comunitari devono presentare una domanda presso l’ambasciata o il consolato italiano nel loro paese di residenza. La domanda deve essere corredata da tutta la documentazione richiesta dal decreto e deve essere presentata entro i termini previsti dal decreto stesso.

 

Come fare domanda d’ingresso

Il Decreto Flussi prevede la possibilità per i datori di lavoro italiani di presentare una domanda di ingresso per lavoratori stranieri non comunitari per le seguenti categorie: lavoro subordinato stagionale, lavoro subordinato a tempo determinato, lavoro subordinato a tempo indeterminato, lavoro autonomo e lavoro domestico. La domanda di ingresso deve essere presentata esclusivamente online attraverso il sito del Ministero dell’Interno. I datori di lavoro devono indicare il numero di lavoratori di cui necessitano, la durata del contratto, la retribuzione e le qualifiche richieste.

La procedura di invio della domanda on line si è chiusa il 22 marzo 2023.

Una volta presentata la domanda di ingresso, il Ministero dell’Interno provvede alla selezione dei lavoratori stranieri da ammettere in Italia. La selezione avviene sulla base di una graduatoria, che tiene conto delle qualifiche professionali dei lavoratori e delle esigenze del mercato del lavoro italiano.

 

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Concorso 1858 Inps, irregolarità nella scelta sedi

concorso 1858 inps, tre impiegati discutono davanti a un foglio

Il Concorso 1858 Inps per consulenti di protezione sociale sta volgendo al termine: a febbraio, sono state approvate le due graduatorie rettificate ed entro il 15 marzo i candidati vincitori hanno dovuto esprimere la propria preferenza per la scelta delle sedi lavorative. Riscontrate alcune irregolarità: ecco quali!

Il Concorso 1858 Inps

L’Inps ha indetto un concorso per l’assunzione di 1858 consulenti di protezione sociale. Lo scorso 20 luglio 2022 si sono concluse le prove scritte e, dopo lo svolgimento delle prove orali, sono state pubblicate le graduatorie, poi rettificate.
 
Le modalità per stilare le graduatorie finali sono disciplinate dall’art. 11 del bando di concorso.  In particolare, al termine delle prove, la Commissione esaminatrice ha provveduto alla formulazione della graduatoria di merito, stilata sulla base del punteggio complessivo ottenuto da ciascun candidato.

Il punteggio finale è dato dalla somma:

  • dalla media dei voti riportati nelle due prove scritte;
  • dal punteggio dei titoli;
  • dal voto deella prova orale.

Il punteggio massimo che un candidato può essere conseguire è di 90 punti. Le graduatorie hanno validità di due anni dal momento della loro approvazione.

Errori nella procedura di assegnazione sedi

Dopo le diverse illegittimità riscontrate, sia per quanto concerne le due prove scritte che, successivamente, per quanto riguarda la valutazione dei titoli, tanti candidati ci stanno contattando in questi giorni, segnalandoci un’ulteriore irregolarità relativa alla procedura di assegnazione delle sedi lavorative. 
 
In primo luogo, infatti, si è assistito a un netto corto circuito nell’attribuzione dei punteggi finali ai candidati, viziati dall’utilizzo dell’algoritmo: un software informatico che calcola in automatico il punteggio da attribuire alla due prove scritte e che, di fatto, ha comportato un aumento del voto finale conseguito. In poche parole, quindi, anche coloro i quali non hanno raggiunto il numero minimo di domande esatte alla prova, sono comunque riusciti a ottenere l’idoneità concorsuale (e partecipare, quindi, alle altre fasi della procedura), proprio grazie all’utilizzo di questo sistema computerizzato. 
Si pensi, ad esempio, a chi avrebbe ottenuto un punteggio pari a 18, ma, grazie all’impiego dell’algoritmo, ha raggiunto la soglia di idoneità di 21 punti, arrivando quindi a pari merito rispetto a chi, meritatamente, ha ottenuto un punteggio pari a 21 punti per aver risposto correttamente. 

Il problema, però, è sorto successivamente, proprio in fase di assegnazione delle sedi: molti candidati, pur avendo ottenuto un voto alto alla prova scritta, si sono visti superare da chi, invece, in virtù dell’applicazione dell’algoritmo, ha ottenuto un punteggio più alto (anche sommando i punti per i titoli).
Ciò ha comportato un’illegittimità che è valsa a parecchi candidati l’assegnazione a una sede lavorativa diversa da quella desiderata, peraltro con un vincolo di permanenza della durata di 5 anni!
 

Mancato riconoscimento L. 104

Alla precedente irregolarità, si è aggiunta, poi, che l’Amministrazione ha arbitrariamente deciso di non riconoscere, ai candidati vincitori, i diritti derivanti dalla Legge 104 per l’assistenza a parenti e familiari invalidi. 
 
La legge n. 104 del 1992, infatti, che disciplina l’assistenza e l’inclusione dei soggetti disabili, all’art. 33, comma5, prevede che il lavoratore che assiste un parente (o un affine entro il terzo grado) portatore di disabilità con lui convivente, ha diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, e non potrà essere trasferito ad altra sede!
 
Tuttavia, tale previsione normativa è stata totalmente disapplicata dall’Amministrazione, la quale non ha riconosciuto il diritto di scegliere la sede di servizio più vicina al suo domicilio che, per legge, spetta a chiunque assista un familiare disabile.
 
Sul punto, il Consiglio di Stato si è già pronunciato, chiarendo che l’Amministrazione può negare tale beneficio solo ed esclusivamente in casi eccezionali, in presenza di comprovate esigenze organizzative dell’amministrazione. È assolutamente illegittimo, quindi, secondo la normativa nazionale di riferimento, il provvedimento di assegnazione di un candidato a una sede diversa da quella di sua prima scelta e più vicina al suo domicilio, nel caso in cui lo stesso assista un parente disabile!

In tali casi, infatti, è possibile proporre ricorso al Tar per lamentare l’irregolarità e ottenere, quindi, l’assegnazione alla sede più vicina al luogo di domicilio.

Se anche tu hai riscontrato tali irregolarità, contatta il nostro staff legale! Siamo sempre pronti a tutelare i tuoi diritti.  Clicca su INIZIA e compila il form, sarai ricontattato dal nostro staff legale specializzato!

Stipendi docenti 2013, sì agli scatti e agli arretrati: come ottenerli

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Il Tribunale di Marsala ha accolto le richieste di un docente a cui ha riconosciuto il diritto di considerare anche l'anno 2013 valido ai fini pensionistici, nonché al pagamento delle differenze retributive derivanti dagli scatti stipendiali maturati e da maturare. Inoltre, è stato riconosciuto il diritto di proseguire la propria progressione stipendiale senza interruzioni, dato che il blocco contrattuale per l'anno 2013 è ancora in vigore.

Il blocco degli scatti stipendiali 2013

Mentre il Ministero non riconosce ancora lo scatto stipendiale 2013 ai docenti, il Tribunale di Marsala apre uno spiraglio. Con la sentenza n. 104 del 21/02/2023, il giudice ha accolto il ricorso di una docente e ha stabilito che l’anno 2013 vale ai fini pensionistici.

Risulta infatti ancora prorogato fino al 31 dicembre 2013 il blocco degli automatismi stipendiali per il personale del comparto Scuola. Nello specifico, nell’art. 9, comma 23, D.L. 78/2010, si parla di “Vincoli alla dinamica retributiva individuale”: “il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, […]non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva”.

Tale normativa bloccava qualsiasi aumento stipendiale, anche in relazione allo scatto di anzianità.

Perché il 2013 non è valido?

La disciplina si è poi evoluta con il Decreto Legge 23 gennaio 2014, n. 3 che all’art. 1, comma 4, che ha stabilito che per il 2014 “non trova applicazione” il blocco previsto dalla Manovra correttiva del 2010 e, in particolare: “in relazione a quanto disposto dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del Decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre n. 122, per il personale della scuola non trova applicazione per l’anno 2014, nell’ambito degli stanziamenti di bilancio relativi alle competenze stipendiali, l’articolo 9 comma 1 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come prorogato dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del citato decreto del presidente della Repubblica 122 del 2013″.

Permane, dunque, il blocco stipendiale relativo all’anno 2013.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 178/2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del regime di sospensione della contrattazione collettiva risultante dall’art. 1 comma 1 lettera c) primo periodo del D.P.R. n. 122 del 4.9.2013: la sentenza ha rimosso il blocco della contrattazione collettiva degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti.

La rimozione della causa sospensiva ha prodotto i suoi effetti dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale, ovvero dal 30 luglio 2015. Sono stati rimossi gli effetti derivanti dal blocco per gli anni 2011 e 2012, mentre per l’anno 2013, per il Contratto della scuola, dell’università, della ricerca, dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, non risultano essere state avviate le procedure di contrattazione collettiva da parte delle competenti Amministrazioni.

La decisione del tribunale di Marsala

Con una recentissima sentenza del Tribunale di Marsala del 21/02/2023 n. 104 è stata riconosciuta ai docenti la progressione economica stipendiale anche in riferimento all’anno 2013, come visto, ancora oggetto di esclusione a seguito del blocco degli automatismi stipendiali per il personale del Comparto Scuola disposto dal D.P.R. 122/2013.

In particolare, la giurisprudenza di merito ha esteso anche ai dipendenti del comparto scuola i principi sanciti dalla Corte Costituzionale che, con la nota sentenza n. 178/2015, ha rimosso il blocco della contrattazione collettiva degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti.

Pertanto, è stato riconosciuto ai docenti il diritto affinché anche l’anno 2013 venga ritenuto utile ai fini della maturazione del diritto pensionistico, del pagamento delle consequenziali differenze retributive derivanti dagli scatti stipendiali maturati e maturandi e del diritto a maturare la progressione stipendiale dovuta senza alcuna interruzione.

Come si calcolano gli arretrati?

Per la corretta ricostruzione della carriera, i docenti potranno, previa diffida ai rispettivi dirigenti scolastici e al Ministero, ricorrere al Giudice del Lavoro, al fine di vedere riconosciuto il proprio diritto a maturare la progressione stipendiale dovuta senza alcuna interruzione ovvero, in subordine, per rivendicare la progressione stipendiale maturata pro quota rispetto alla scaglione stipendiale successivo alla data della cessazione dal servizio.

Le fasce stipendiali dei docenti sono calcolate in base agli anni di servizio. Per i docenti assunti in ruolo prima del 01/09/2011 le classi/fasce stipendiali sono:

  • da 0 a 3 anni –> fascia 0
  • da 3 a 9 anni –> fascia 3
  • da 9 a 15 anni –> fascia 9
  • da 15 a 21 anni –> fascia 15
  • da 21 a 28 anni –> fascia 21
  • da 28 a 35 anni –> fascia 28
  • da 35 anni a fine servizio –> fascia 35

Per tutti i docenti assunti in ruolo dopo il 01/09/2011 le classi/fasce stipendiali sono invece:

  • da 0 a 9 anni–> fascia 0
  • da 9 a 15 anni –> fascia 9
  • da 15 a 21 anni –> fascia 15
  • da 21 a 28 anni –> fascia 21
  • da 28 a 35 anni –> fascia 28
  • da 35 anni a fine servizio –> fascia 35).

Il relativo importo va calcolato in base alle tabelle stipendiali.

Naturalmente, ogni scatto stipendiale avrà i suoi precipitati sulla quantificazione dell’indennità di buonuscita (interamente calcolata in base all’ultima retribuzione) e sull’importo della pensione, che dipende in varia misura dall’ultima retribuzione in godimento.

Presenta subito una diffida gratuita

Per interrompere i termini di prescrizione è necessario intervenire subito, presentando una diffida: Il nosgtro studio è da sempre al fianco dei docenti e di tutto il comparto scuola, pertanto ha deciso di presentare, per conto dei docenti vittime del blocco stipendiale, una diffida gratuita che ci permetterà anche di valutare se vi siano i presupposti per presentare ricorso e recuperare quanto spettante.

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Concorsi, no all’esclusione per precedenti condanne penali

condanne penali, ragazzi che stanno partecipanno a un concorsi

L'esclusione di un candidato da una procedura concorsuale per precedenti penali è illegittima. Se vuoi partecipare a un concorso pubblico, scopri cosa fare in caso di condanne penali

Condanne penali e concorsi, la decisione dei giudici

È illegittima l’esclusione di un candidato da una procedura concorsuale per precedenti condanne penali. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, nella recente sentenza del 1 febbraio 2023, n. 1132, con la quale, infatti, ha chiarito che la mera esistenza di una sentenza di condanna non può giustificare, di per sè, un provvedimento di esclusione, in quanto lo stesso deve comunque essere giustificato e ampiamente motivato.
 
In particolare, si legge nella sentenza che “il parametro di riferimento di tale valutazione non avrebbe dovuto essere quello “formale” della ostatività ex lege della condanna alla costituzione del rapporto di impiego (come nel comma 1, lettera f), dell’articolo 2), bensì quello “sostanziale” dell’incidenza della condanna sul rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere tra il dipendente pubblico e la p.a.“.
 
La clausola di esclusione quindi deve essere interpretata in senso necessariamente restrittivo, e cioè può essere escluso solo chi ha commesso un reato che comporta la destituzione di diritto, come previsto dall’art. 85 comma 1 lett. a) e b) del d.P.R. 3/1957.
 
Pertanto, chi è destinatario di sentenze di condanna per reati diversi da quelli contemplati nell’art. 85  non può essere escluso da una procedura concorsuale. 

L’art. 85 comma 1 lett. a) e b) del d.P.R. 3/1957

L’impiegato incorre nella destituzione, escluso il procedimento disciplinare:

a) per condanna, passata in giudicato, per delitti contro la personalità dello Stato esclusi quelli previsti nel capo IV del titolo I del libro II del Codice penale; ovvero per delitti di peculato, malversazione, concussione, corruzione, per delitti contro la fede pubblica esclusi quelli di cui agli artt. 457, 495, 498 del Codice penale, per delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume previsti dagli artt. 519, 520, 521, 531, 532, 533, 534, 535, 536 e 537 del Codice penale e per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa ed appropriazione indebita 104;

b) per condanna, passata in giudicato, che importi l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’applicazione di una misura di sicurezza detentiva o della libertà vigilata. Salvo quanto previsto nell’art. 123, comma terzo, nei casi contemplati dall’art. 84 e dal presente articolo il trattamento di quiescenza e previdenza è regolato dalle disposizioni vigenti in materia 105 106 107.

Quali sono i reati penali?

Un reato è un comportamento che, in base alla legge, è considerato illegale e punibile con sanzioni penali, come la detenzione o l’imposizione di una multa. Un reato penale costituisce una violazione della legge che viene perseguita dalle autorità competenti attraverso un procedimento penale che può portare a un processo e a una sentenza di condanna o assoluzione.
 

Possono essere suddivisi in diverse categorie, tra cui:

  • Delitti contro le persone, che includono omicidio, lesioni personali, stalking, violenza sessuale, rapina, furto con violenza.
  • Delitti contro il patrimonio, che includono furto, rapina, estorsione, ricettazione, frode, truffa.
  • Delitti contro la pubblica amministrazione, che includono corruzione, abuso d’ufficio, peculato, falsità in atti pubblici.
  • Delitti contro la sicurezza pubblica, che includono terrorismo, traffico di droga, detenzione di armi illegali.
  • Delitti contro la moralità pubblica, che includono prostituzione, pedopornografia, turpiloquio in pubblico.
  • Altri reati, come l’incendio doloso, il danneggiamento, la violazione del copyright e dei diritti d’autore.

Quanto dura la fedina penale sporca?

Dopo aver ottenuto la riabilitazione, le conseguenze penali della condanna vengono estinte e ciò ti consente di tornare alla vita civile con una fedina penale (quasi) immacolata.

Il diritto alla riabilitazione può essere esercitato dopo aver scontato la pena per la quale si è stati condannati. In generale, la richiesta può essere presentata dopo 3 anni dalla fine della pena, dopo 8 anni se si è recidivi e dopo 10 anni se è stata dichiarata l’abitualità, la professionalità o la tendenza a delinquere.

Per poter fare richiesta di riabilitazione è necessario aver mantenuto una buona condotta e aver pagato le spese processuali e gli obblighi risarcitori dovuti alle vittime o ai danneggiati dal reato.

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Riconoscimento titolo estero, come ottenerlo

riconoscimento titolo estero, medici di diversa nazionalità in piedi all'interno di una sala

Se hai conseguito un titolo professionale o di studio all’estero e vuoi ottenerne il riconoscimento, per lavorare in Italia, leggi questo approfondimento! Ti spiegheremo tutto quello che c'è da sapere sul riconoscimento titolo estero

Come riconoscere un titolo di studio estero in Italia

Se possiedi un titolo non abilitante conseguito all’estero, hai la possibilità di richiedere il riconoscimento del tuo titolo accademico presso tutte le Università e gli Istituti di istruzione universitaria italiani.

Per ottenere l’equipollenza di titolo di studio estero, è necessario seguire la procedura di riconoscimento dei titoli accademici esteri. Questa procedura mira a garantire che il titolo accademico ottenuto all’estero abbia validità legale in Italia.

La procedura di riconoscimento del titolo accademico estero in Italia ha lo scopo di:

  • Accedere a un corso o proseguire gli studi (lauree, master universitari, dottorati);
  • Ottenere l’abbreviazione di carriera e/o il riconoscimento di periodi di studio o crediti;
  • Conseguire il titolo italiano corrispondente (riconoscimento totale o equipollenza).

In ogni caso, devi rivolgerti alle università italiane per avviare la procedura. Di solito, la valutazione accademica del titolo estero è affidata al Consiglio del corso di studio dell’università italiana.

Tuttavia, è importante notare che potrebbero esistere accordi bilaterali specifici tra due paesi per l’equipollenza dei rispettivi titoli. Ad esempio, l’Italia e l’Austria seguono procedure semplificate o addirittura automatiche per il riconoscimento dei titoli accademici.

Quali titoli di studio sono riconosciuti in Italia?

L’articolo 2 della Legge 148 del 2002 stabilisce che “La competenza per il riconoscimento dei titoli di studio stranieri, ai fini dell’accesso all’istruzione superiore, del proseguimento degli studi universitari e del conseguimento dei titoli universitari italiani, è attribuita alle Università ed agli Istituti di istruzione universitaria, che la esercitano nell’ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia”.

Tuttavia, i titoli di studio ottenuti all’estero non hanno automaticamente valore in Italia e devono essere valutati caso per caso. Pertanto, ogni singola Università italiana ha il diritto e l’obbligo di stabilire le modalità di riconoscimento dei titoli accademici ottenuti presso Università straniere per l’accesso, il proseguimento e il conseguimento dei titoli di studio italiani.

Quanto tempo occorre per il riconoscimento del titolo estero?

Per la presentazione della domanda non ci sono particolari vincoli temporali da rispettare.
I termini del procedimento possono andare dai 50 giorni, per la procedura ordinaria ai 150 giorni, per la procedura aggravata, che prevede una richiesta di parere ed eventuali prove integrative da parte delle Istituzioni scolastiche.

Cosa si intende per equipollenza?

L’equipollenza è il procedimento con cui un titolo di studio conseguito all’estero viene dichiarato corrispondente a un titolo italiano.

Verificare l’equipollenza e l’equiparazione tra titoli italiani significa individuare un’equivalenza tra titoli di studio accademici conseguiti secondo ordinamenti differenti (ad esempio: laurea di primo livello, laurea specialistica, laurea magistrale, a ciclo unico e così via). Negli ultimi anni, infatti, il sistema universitario ha subito diverse modifiche che hanno influito soprattutto sulla denominazione dei titoli di studio, per cui non sempre è automatico identificare il titolo equipollente rispetto a quello posseduto. Chi, ad esempio, desidera partecipare a un concorso pubblico, deve preliminarmente valutare l’equipollenza o l’equiparazione del proprio titolo per stabilire la propria idoneità a partecipare alla selezione.

Il Ministero dell’Istruzione e del merito stabilisce, tramite criteri e riferimenti normativi specifici, l’equipollenza e l’equiparazione tra titoli in modo univoco e facilmente consultabile, al fine di evitare errori e omissioni. La tabella allegata al Decreto interministeriale del 9 luglio 2009 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2009, elenca i possibili titoli di base richiesti dai concorsi pubblici, per i quali la laurea è equipollente. Si precisa che l’equipollenza non è reciproca, ma “a senso unico”, quindi un titolo può essere equipollente a un altro, ma non viceversa.

A cosa serve l’equipollenza?

L’equipollenza permette la continuazione del percorso di studi a un livello superiore. permette l’ammissione a concorsi pubblici ed esami di Stato e permette l’accesso a ordini professionali.

Come ottenere l'equipollenza dei titoli esteri

Per richiedere l’equipollenza o l’equivalenza del titolo estero in Italia, è necessario presentare un’istanza formale e la documentazione richiesta per ottenere un decreto accademico. Questo processo richiede una valutazione approfondita del titolo estero e una comparazione dettagliata del percorso di studi con quello italiano corrispondente.

Cosa è la dichiarazione di valore?

La ”Dichiarazione di Valore” è un documento che attesta il valore di un titolo di studio conseguito all’estero. Scritta in lingua italiana, è rilasciata dalle ambasciate o dai consolati italiani all’estero “competenti per zona”, ovvero che si trovano più vicini alla sede dell’ente che ha rilasciato il titolo straniero.

Tra i Paesi che hanno aderito alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 è in uso l’Apostille e sostituisce, solo tra essi, la legalizzazione. Ogni Paese aderente indica quali sono le autorità competenti a rilasciarla. La “Apostille” non è necessaria quando il Paese da cui proviene l’atto straniero ha aderito ad una convenzione internazionale che la esclude. Clicca qui per consultare l’elenco degli Stati aderenti e le autorità competenti a rilasciare l’Apostille.

Come fare la dichiarazione di valore in Italia

La Dichiarazione di Valore va richiesta allo Sportello di Cancelleria consolare direttamente dall’interessato,previo appuntamento on line. La richiesta della dichiarazione di valore può essere fatta esclusivamente presso le Rappresentanze italiane all’estero, ambasciate e consolati, più vicini alla città in cui si trova l’istituzione che ha rilasciato il titolo di studio.

riconoscimento titolo accademico, studenti di diversa nazionalità ridono, con appunti sparsi su un tavolinetto

Riconoscimento laurea estera in Italia

La procedura di riconoscimento del titolo accademico ha l’obiettivo di rilasciare un provvedimento che abbia lo stesso valore legale di un titolo italiano finale, analizzando in modo dettagliato i titoli accademici esteri per verificare se corrispondono in termini di livello, anni di studio e contenuti a un titolo italiano equivalente.

I titoli di studio conseguiti all’estero, in effetti, non hanno valenza automatica in Italia, ma devono essere valutati caso per caso.  Ciò sta a significare che, le singole Università italiane, hanno il diritto (e l’obbligo) di stabilire le modalità di riconoscimento del titolo accademico conseguito presso un’Università straniera, ai fini dell’accesso, del proseguimento e del conseguimento dei titoli di studio italiani.

Per richiedere il riconoscimento di un titolo accademico estero, ci sono alcune condizioni da soddisfare:

  • il titolo deve essere stato rilasciato all’estero da un’università o da un’altra istituzione di livello universitario o superiore che faccia parte del sistema educativo del paese;
  • deve essere un titolo finale di terzo ciclo riconosciuto nel paese di provenienza;
  • l’ateneo individuato deve avere un corso di studio comparabile a quello svolto all’estero.

Un organo accademico valuta in modo autonomo e caso per caso il contenuto degli studi e gli esami sostenuti, confrontandoli con il corso di laurea italiano di riferimento. Il riconoscimento non è sempre automatico: l’università può richiedere di integrare il percorso di studi con altri esami o presentare elaborati finali per colmare eventuali lacune.

La decisione finale può essere di tre tipi:

  • riconoscimento,
  • non riconoscimento,
  • riconoscimento a condizione che si colmino le parti mancanti eventualmente rilevate anche attraverso il superamento di prove ulteriori.

Chi può ottenere il riconoscimento della laurea estera in Italia

Possono richiedere il riconoscimento del titolo accademico sia i cittadini dell’Unione Europea che  quelli extra-UE, a patto che abbiano conseguito un titolo di studi superiore universitario o presso un ente parauniversitario riconosciuto.

Come riconoscere una laurea estera in Italia

La richiesta va presentata presso un’università scelta dal richiedente, che deve informarsi sulla modalità, le scadenze, i moduli e la documentazione da allegare presso la segreteria o sul sito web dell’università.

Come riconoscere un dottorato di ricerca

Nel caso in cui hai conseguito un dottorato di ricerca all’estero e vuoi ottenere il riconoscimento in Italia puoi effettuare la richiesta di riconoscimento del titolo accademico, conseguito all’estero, presso tutte le Università e gli Istituti di istruzione universitaria italiane.

Ai sensi dell’art. 2 della Legge 148 del 2002 la competenza per il riconoscimento dei cicli e dei periodi di studio svolti all’estero e dei titoli di studio stranieri, ai fini del conseguimento dei titoli universitari italiani, è attribuita alle Università che la esercitano nell’ambito della loro autonomia e in conformità ai rispettivi ordinamenti, fatti salvi gli accordi bilaterali in materia.

L’applicazione dell’articolo 2 della Legge 148/2002 anche ai titoli di Dottorato introduce nuove prospettive non solo in merito al soggetto responsabile per tali procedure, responsabilità che passa dal Ministero alle Università, ma inserisce il riconoscimento per finalità accademiche dei dottorati esteri all’interno delle procedure e dei principi dettati dalla Convenzione di Lisbona, superando il concetto di “equipollenza”, abrogato dall’articolo 9 della stessa Legge 148 e non più in vigore secondo quanto stabilito dal precedente articolo 74 del DPR 382/80, e passando a quello di riconoscimento finalizzato anche in tale settore.

In particolare, la procedura di riconoscimento del titolo estero ai fini del conseguimento del Dottorato di Ricerca in Italia può produrre i seguenti risultati:

  • il rilascio diretto del corrispondente titolo italiano di Dottorato di Ricerca;
  • il rilascio condizionato al conseguimento del corrispondente titolo italiano di Dottorato di Ricerca tramite l’obbligo di colmare requisiti di natura accademica richiesti da parte della istituzione della formazione superiore;
  • il diniego al riconoscimento del titolo estero nel caso di “differenza sostanziale”.

Tuttavia, anche nel caso in cui il titolo di dottorato estero non contenga tutte le caratteristiche indicate dall’Ateneo ai fini del rilascio diretto, l’Ateneo che valuta il dottorato estero potrebbe richiedere al titolare del titolo estero di colmare alcuni requisiti meramente di natura disciplinare.

Ai fini della valutazione del titolo estero di dottorato per il rilascio del titolo italiano di Dottorato di Ricerca il titolo estero dovrà rispettare determinate caratteristiche e la relativa richiesta dovrà essere inoltrata alle Università secondo le modalità ed entro i termini indicati nei rispettivi Regolamenti di Ateneo.
Ogni Ateneo richiede una documentazione specifica e prevede un arco temporale diverso per l’inoltro della richiesta di riconoscimento del dottorato di ricerca.

Gli adempimenti da effettuare, le tempistiche entro le quali avviare la procedura e i documenti da produrre non sono sempre di facile intuizione e variano da Ateneo ad Ateneo.

riconoscimento titolo estero, infermieri di diversa nazionalità con donna in primo piano

Riconoscimento titolo estero professioni sanitarie

Per ottenere il riconoscimento del titolo professionale conseguito all’estero, è necessario al Ministero della Salute, insieme a tutti i documenti necessari, in originale o copia autentica, con apostille e traduzione in italiano. La procedura può risultare complessa, ma è importante presentare tutti i documenti richiesti per evitare ritardi nella procedura o addirittura un esito negativo.

Il Ministero esaminerà la tua richiesta con attenzione e, se completa di tutti gli allegati richiesti, entro quattro mesi potrebbe emettere uno dei seguenti provvedimenti:

  • decreto di riconoscimento, se il tuo titolo di studio soddisfa i requisiti minimi di formazione;
  • decreto di riconoscimento subordinato al superamento di una misura compensativa, ovvero, un esame o un tirocinio per integrare specifici ambiti disciplinari;
  • provvedimento di diniego, che ti impedirà di lavorare come professionista sanitario in Italia.

Chi può ottenere il riconoscimento del titolo estero in italia?

Possono ottenere il riconoscimento del titolo estero, tutti i professionisti che hanno conseguito un titolo abilitante allo svolgimento della professione (medici, infermieri, odontoiatri, veterinari, logopedisti, fisioterapisti, ma anche architetti, ingegneri, psicologi, ecc.). Possono altresì richiedere e ottenere il riconoscimento anche coloro che hanno conseguito un titolo di studi che dà diritto all’accesso agli esami di abilitazione.

Per i titoli professionali (come a esempio infermiere, medico, architetto, psicologo) l’iter va attivato tramite un’apposita istanza al Ministero competente. A seconda del profilo e del Paese in cui è stato conseguito il titolo bisogna allegare un determinato tipo di documenti. Il Ministero ha l’obbligo di rispondere entro tre o quattro mesi a seconda dei casi.

Dal momento che la procedura non è per nulla semplice, da tempo, forniamo un servizio di consulenza apposito per aiutare gli italiani che hanno conseguito un titolo all’estero o gli stranieri già residenti in Italia e non, ad ottenere quello che desiderano: lavorare in Italia svolgendo la professione per cui hanno studiato in un altro Paese.

Il caso degli infermieri tunisini

Nei mesi scorsi, alcuni infermieri tunisini hanno contatto il nostro Studio legale poiché il Ministero aveva rigettato la loro domanda di riconoscimento del titolo, motivando il rigetto con un’insufficiente monte ore di studio e tirocinio.

Per ottenere il riconoscimento del titolo gli infermieri avevano ampiamente superato le 4.600 ore e i tre anni di studio e formazione necessari per ottenere il riconoscimento del titolo, in quanto anche l’esperienza lavorativa svolta va considerata ai fini del monte ore necessario.

Il nostro staff legale è riuscito dunque a confutare la tesi del Ministero, obbligandolo a rilasciare il riconoscimento del titolo vincolandolo alla misura compensativa di una semplice prova attitudinale e senza richiedere alcun ulteriore tirocinio formativo.

Come presentare la domanda

La domanda va presentata in lingua italiana al Ministero competente, e vanno indicati: indirizzo (residenza e domicilio, se diverso), recapito telefonico ed eventuale mail, oltre ad altre informazioni relative al titolo stesso, come ad esempio, se è abilitante o meno. 

È inoltre necessario produrre una dichiarazione che certifichi il possesso, da parte dell’interessato, di tutti i requisiti per l’accesso alla professione nel nostro Paese; tale certificazione potrà essere rilasciata dall’autorità nazionale competente in materia di riconoscimento dei titoli professionali, oppure dall’ordine professionale di riferimento. In alternativa, è possibile produrre una dichiarazione di valore rilasciata dalla autorità diplomatica o consolare italiana nel Paese di appartenenza. Alla domanda vanno anche allegati tutti i documenti richiesti.

I titoli di studio e professionali di cui si chiede il riconoscimento possono essere presentati in originale o in copia autentica di originale che risulti già legalizzata a cura della competente Rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese in cui è stato formato il documento, salvi i casi di esonero previsti da accordi e convenzioni
internazionali.

 

Riconoscimento titolo estero, docente straniera in primo piano con libro in mano e lavagna sullo sfondo

Riconoscimento professione docente

Per insegnare in Italia, dopo aver conseguito il titolo abilitativo all’estero, bisogna attivare un procedimento di riconoscimento: il Ministero dell’Istruzione deve riconoscere i titoli professionali entro 4 mesi (120 giorni) dalla presentazione della documentazione, ma purtroppo tali tempistiche non vengono rispettate. I docenti in attesa di riconoscimento possono comunque iscriversi nelle Gps, Graduatorie provinciali supplenze,ma non possono ottenere l’assunzione senza previo riconoscimento.

Chi può ottenere il riconoscimento del titolo estero?

Possono ottenere il riconoscimento del titolo estero, tutti i docenti che hanno conseguito il titolo per l’abilitazione all’insegnamento o la specializzazione sul sostegno all’estero, in Europa o in Paesi extra UE. 

Riconoscimento professione docente spagnolo o rumeno

Nei mesi scorsi, l’Adunanza Plenaria è intervenuta sul riconoscimento dei titoli di abilitazione all’insegnamento o specializzazione sul sostegno conseguiti all’estero. l’Adunanza ha specificato che il riconoscimento dalla direttiva 2005/36/CE, dando seguito a quanto predisposto dai Trattati europei, si propone di «facilitare il riconoscimento reciproco dei diplomi, dei certificati ed altri titoli stabilendo regole e criteri comuni che comportino, nei limiti del possibile, il riconoscimento automatico di detti diplomi, certificati ed altri titoli» (A.P. 18/2022).

In altri termini, nel valutare le istanze di riconoscimento, il Ministero dell’istruzione non può fermarsi ai risultati delle interlocuzioni con le autorità competenti degli Stati Membri di origine, ma deve necessariamente svolgere un’approfondita istruttoria sulla specifica formazione conseguita dal docente, in termini qualitativi e quantitativi.

In particolare, tali principi fanno riferimento ai titoli conseguiti in Romania e Bulgaria, ma possono perfettamente applicarsi anche ai titoli conseguiti in Spagna. Com’è noto, infatti, i docenti che hanno conseguito il titulo proprio in Spagna hanno fino ad ora incontrato difficoltà a ottenere il riconoscimento, atteso che il Ministero ha emesso provvedimenti di rigetto fondati unicamente sulla dichiarazione emessa dalle Autorità spagnole circa il valore non abilitante in Spagna.

Tempi troppo lunghi l’UE bacchetta l’Italia

Circa 7mila insegnanti stanno ancora aspettando il riconoscimento del loro titolo di insegnamento o specializzazione su sostegno ottenuti all’estero. La Commissione europea ha chiesto all’Italia di accelerare la procedura di riconoscimento dei titoli. Il danno è notevole perché i docenti non possono ottenere incarichi finché non avranno il riconoscimento definitivo del loro titolo.

Cosa fare se il ministero non accetta la tua domanda

Capita spesso che il Ministero rigetti l’istanza di riconoscimento del titolo senza una precisa motivazione. In questi casi è possibile contestare il rigetto e obbligare il Ministero a valutare nuovamente l’istanza presentata. Negli ultimi anni abbiamo ottenuto tantissimi provvedimenti positivi di annullamento dei provvedimenti di rigetto che nella maggior parte dei casi risultavano illegittimi e immotivati.  Il nostro staff specializzato in riconoscimento titoli ha aiutato migliaia di professionisti a raggiungere l’obiettivo in tempi certi, contestando le obiezioni del Ministero.

È il caso di un igenista dentale che aveva conseguito il titolo  in Spagna. Per ottenere il riconoscimento del titolo in Italia si è rivolto direttamente al nostro Studio legale che ha seguito l’iter per la presentazione dell’istanza, riducendo ogni possibilità di errore. Grazie al nostro intervento, il Ministero ha rilasciato il riconoscimento in un poco più di un mese.

 

Ricorso avverso il silenzio inadempimento

Se il Ministero non risponde entro 120 giorni, sull’istanza presentata si formerà il cosiddetto “silenzio inadempimento”. Per non perdere la possibilità di ottenere il riconoscimento il Docente dovrà quindi presentare Ricorso entro l’anno successivo.

Questo Ricorso permette al Giudice di obbligare il Ministero a rispondere sull’istanza di riconoscimento in tempi brevi. Il nostro studio ha sempre ottenuto risultati positivi in sede di ricorso avverso il silenzio, consentendo ai Docenti di conseguire così il provvedimento sperato.

Riconoscimento subordinato ad eccessive misure compensative

Il Ministero può subordinare il riconoscimento del titolo all’espletamento di misure compensative come tirocini o esami aggiuntivi. Nella maggior parte dei casi, queste misure risultano essere eccessive ed è dunque possibile contestarle tramite Ricorso.

Negli ultimi anni, abbiamo ottenuto centinaia di provvedimenti grazie ai quali le misure compensative eccessive e illegittime sono state annullate o ridotte. È il caso di una farmacista che aveva conseguito il titolo di studi in Serbia e voleva poter spendere la propria laurea abilitante in Farmacia anche in Italia, ma il ministero della Salute le ha comunicato che il riconoscimento del suo titolo sarebbe stato subordinato a una misura compensativa. Il nostro staff specializzato in riconoscimento titoli ha così proposto ricorso al Tar per chiedere il riconoscimento del titolo senza alcuna misura compensativa. I giudici hanno accolto il ricorso, ritenendo fondate le nostre tesi.

O ancora, il caso dei docenti abilitati in Romania a cui il Ministero aveva sottoposto il riconoscimento a un tirocinio aggiuntivo di 600 ore. I giudici hanno accolto il ricorso, annullando il percorso formativo compensativo.

Tra gli altri casi, anche quello degli odontoiatri abilitati all’Apollonia di Iasi, in Romania. Il Ministero aveva subordinato la richiesta all’espletamento di misure compensative illegittime. Il Consiglio di Stato, confermando le nostre tesi, ha accolto il nostro ricorso e disposto la riesamina della pratica ai fini del riconoscimento del titolo.

Il nostro studio legale aiuta da anni italiani e stranieri nella tutela dei propri diritti in questo campo, permettendo di ottenere il pieno riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero. Clicca su INIZIA e compila il form per raccontarci il tuo caso essere ricontattato dal nostro staff legale specializzato!

Chi siamo

Lo studio legale Leone-Fell & C. da oltre 8 anni è al fianco dei suoi clienti per combattere le ingiustizie e le scorrettezze che spesso commette la Pubblica Amministrazione.

Per noi la tutela dei diritti significa avere ben presente da quale parte della “barricata” è necessario stare. Stiamo dalla parte di chi ha subito un torto, di chi insegue i silenzi di una burocrazia sorda e inadeguata, di chi si vede negare un proprio diritto a causa di una procedura profondamente viziata. Siamo al fianco anche di chi non può coronare il proprio sogno a causa di un diritto che resta lettera morta.

Innovazione, etica e tutela dei diritti sono diventati per noi un “mantra” quotidiano ed è grazie a ciò che il nostro gruppo di lavoro, in poco tempo, è diventato uno dei massimi protagonisti nel panorama del diritto amministrativo italiano. Nel corso degli ultimi anni abbiamo aiutato migliaia di clienti a raggiungere il loro obiettivo.

Trasferimento Vfp4, militari equiparati ai dipendenti pubblici

trasferimento Vfp4, militari in colonna, con tute mimetiche

Photo credit: Ministero Difesa on Visualhunt.com / CC BY-NC

Anche i militari Vfp4 possono ottenere il trasferimento al pari di un dipendente pubblico. A stabilirlo una sentenza del Consiglio di Stato. Scopri come ottenere un cambio di sede!

Trasferimento Vfp4

Il Consiglio di Stato ha recentemente dichiarato illegittimo il provvedimento di diniego alla richiesta di trasferimento avanzata da un Volontario in ferma prefissata, motivato unicamente dalla pretesa di inapplicabilità della disciplina dei trasferimenti speciali, quali il trasferimento ex art. art. 42bis D.lgs. n. 151 del 2001 e il trasferimento ex art. 33, comma 5, legge 104/1992, ai volontari in ferma prefissata per il semplice fatto di non essere dipendenti a tempo indeterminato.

In altre parole, il giudice ha equiparato i militari Vfp4 ai dipendenti pubblici, dichiando illegittimo il diniego al trasferimento di sede e confermando le leggi speciali anche ai militari in ferma prefissata.

La decisione dei giudici

Il Collegio ha ribaltato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale i benefici previsti da tali discipline possono essere applicati soltanto al personale in servizio permanete effettivo, legati, dunque, all’Amministrazione da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Tale orientamento, infatti, lederebbe la «clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio […]intitolata “Principio di non discriminazione”, che al punto 1 così dispone: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”[…] che tende ad estendere la tutela del lavoratore a tempo indeterminato in maniera da abbracciare anche i lavoratori a tempo determinato».

Ciò che si rileva è che « Il volontario in ferma prefissata, sebbene non sia titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non può essere considerato un soggetto estraneo alla compagine amministrativa[…] cosicché se è lecito da lui attendersi il pieno possesso dei requisiti soggettivi anzidetti ai fini della sua presa di servizio […] non può non assicurarsi in suo favore anche il rispetto delle prerogative previste dall’ordinamento per coloro che appartengono alla medesima compagine organizzativa sia pure in forma stabile» e ha ritenuto assimilabile la figura del VFP4 ai militari assunti a tempo indeterminato proprio in relazione al riconoscimento delle tutele previste ai fini familiari e assistenziali, tra le quali rientrano le richieste di trasferimento disciplinate dalle leggi speciali sopracitate (Consiglio di Stato, sentenza Sez. II, n.8051/2021 cfr. in tal senso anche Corte di giustizia dell’Unione Europea, Settima Sezione, Sentenza 3 giugno 2021).

Che cosa vuol dire Vfp4?

La sigla Vfp4 indica i volontari in ferma prefissata per 4 anni. Il Vfp4 è un militare delle forze armate italiane, e in particolare dei militari di truppa, che pertanto presta servizio per quattro anni nell’Esercito Italiano, nella Marina Militare o nell’Aeronautica Militare.

Possono partecipare ai concorsi per Vfp4, che vengono banditi una volta l’anno, soltanto coloro che sono stati Volontari in Ferma Prefissata per un anno (Vfp1) in servizio, anche in rafferma annuale o in congedo per fine ferma. Si entra con il grado di caporale e, a partire dal 18° mese di servizio, dopo la “valutazione caratteristica” si ha l’avanzamento al grado di caporalmaggiore.

Per partecipare al concorso, basta scaricare il bando e la domanda sul sito www.difesa.it. La domanda va compilata necessariamente on-line e inviata, entro il termine di scadenza previsto per ciascuna sessione.

Come si fa a diventare Vfp4?

Possono partecipare al concorso per Vfp4 i Vfp1 in possesso dei seguenti requisiti:

  • Cittadinanza italiana
  • Godimento dei diritti civili e politici
  • Aver compiuto il 18° anno di età e non aver superato il giorno del compimento del 30° anno di età
  • Possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado (ex scuola media inferiore)
  • Non essere stati condannati per delitti non colposi e non essere imputati in procedimenti penali per delitti non colposi
  • Non essere stati destituiti, dispensati o dichiarati decaduti dall’impiego in una Pubblica Amministrazione, licenziati dal lavoro alle dipendenze di Pubbliche Amministrazioni a seguito di procedimento disciplinare, ovvero prosciolti, d’autorità o d’ufficio, da precedente arruolamento nelle Forze Armate o di Polizia, a esclusione dei proscioglimenti a domanda e per inidoneità psico-fisica
  • Aver tenuto condotta incensurabile
  • Non essere stati sottoposti a misure di prevenzione
  • Non aver tenuto comportamenti nei confronti delle istituzioni democratiche che non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà alla Costituzione repubblicana e alle ragioni di sicurezza dello Stato
  • Idoneità psico-fisica e attitudinale per l’impiego nelle Forze Armate in qualità di volontario in servizio permanente, conformemente alla normativa vigente alla data di pubblicazione del presente bando nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
  • Esito negativo agli accertamenti diagnostici per l’abuso di alcool e per l’uso, anche saltuario od occasionale, di sostanze stupefacenti

Il concorso prevede una serie di prove che i candidati dovranno superare:

  • Prova scritta a carattere culturale, logico-deduttivo e professionale
  • Accertamento della lingua inglese
  • Prove di efficienza fisica, nell’ambito di ciascuna Forza Armata, con parametri differenziati per uomini e donne
  • Accertamento dell’idoneità psico-fisica e attitudinale
  • Valutazione dei titoli.

Quanto guadagna un Vfp4?

Forse non tutti sanno che il volontario in ferma prefissata non percepisce uno stipendio, bensì una paga che è giornaliera e non prevede tredicesime o altri benefit. Ed è per questo, ad esempio, che la paga varia di mese in mese a seconda dei giorni di servizio.

Nei primi due anni, quindi, la paga è giornaliera è pari a:

  • 37,36€ (imponibile Irpef);
  • 40,97€ (imponibile Indpap).

Dopo la rafferma biennale, la retribuzione diventa annuale, per un importo lordo di 18.176,68 euro (per dodici mensilità). In media comunque un Caporale (nei primi 18 mesi) percepisce uno stipendio netto che oscilla dai 1.050 ai 1.150 euro (a seconda delle tasse comunali). Dopo la rafferma biennale e con la nomina a 1° Caporale Maggiore, invece, la retribuzione aumenta fino ad arrivare a circa 1.400 euro netti.

Lo stipendio, inoltre, può variare in base ai ruoli speciali; ad esempio, per gli alpini ci sono circa 50 euro in più sullo stipendio mensile, mentre i paracadutisti circa 100 euro.

Siamo pronti a tutelare i tuoi diritti. Clicca su INIZIA e compila il form per fare la tua segnalazione o essere ricontattato dal nostro staff legale specializzato!

Riconoscimento titoli spagnoli, prima vittoria: il Tar annulla il rigetto del Ministero

Immagine del webinar, Riconoscimento titoli spagnoli, prima vittoria il Tar annulla il rigetto del Ministero

Per la prima volta, il Tar Lazio ha emanato un’ordinanza di annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di riconoscimento titoli esteri presentata da una docente, nostra ricorrente, applicando anche ai titoli conseguiti in Spagna i principi dell'Adunanza Plenaria sui titoli rumeni.

Secondo i giudici, il Ministero non può legittimamente rigettare l’istanza di riconoscimento sulla base della qualifica attribuita al titolo dallo stato di origine – nella fattispecie la Spagna aveva definito il titolo come “non ufficiale” – ma deve procedere con una valutazione puntuale della formazione conseguita dall’istante e sulla equiparabilità della stessa alla formazione impartita in Italia.

Per parlare del cambio di orientamento dei giudici in favore dei docenti abilitati e specializzati sul sostegno all’estero e in particolare in Spagna e Romania, abbiamo organizzato un webinar, martedì 14 marzo alle 17:00. Durante il webinar analizzeremo le prospettive aperte da questa nostra prima vittoria e spiegheremo cosa è possibile fare adesso per ottenere il riconoscimento del proprio titolo estero. Inoltre, tutti i docenti potranno porre le prorpie domande all’avv. Simona Fell, socia fondatrice dello Studio legale Leone-Fell & C. e all’avv. Tiziana De Pasquale, responsabile del Dipartimento di Diritto scolastico.

Riconoscimento specializzazione sul sostegno

Con Ordinanza n. 2000 del 2023, pubblicata il 9 marzo 2023, la quarta sezione del Tar Lazio ha finalmente deciso di cambiare orientamento rispetto alla precedente giurisprudenza relativa al titolo di specializzazione sul sostegno conseguito in Spagna.

Se fino al febbraio 2023 il Tar Lazio aveva assunto un orientamento negativo rispetto al riconoscimento in Italia dei titoli di sostegno conseguiti in Spagna, oggi, per la prima volta, il Tar Lazio ha emanato un’Ordinanza di annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di riconoscimento presentata dalla docente nostra ricorrente.

La decisione dei giudici

A sostegno dell’accoglimento, il Tar Lazio ha finalmente accettato di applicare anche ai titoli conseguiti in Spagna i principi statuiti dall’Adunanza plenaria sui titoli conseguiti in Romania e Bulgaria, secondo cui “non può dunque ritenersi esclusa, ma anzi deve ritenersi necessaria, una verifica in concreto delle competenze professionali comunque acquisite nel Paese d’origine dal richiedente il riconoscimento e della loro idoneità all’accesso alla ‘professione regolamentata’ in quello di destinazione 10. Nella prospettiva finora delineata, la mancanza dei documenti necessari ai sensi del più volte art. 13 della direttiva 2005/36/CE non può pertanto essere automaticamente considerata ostativa al riconoscimento della qualifica professionale acquisita in uno Stato membro dell’Unione europea, dovendosi verificare in concreto il livello di competenza professionale acquisito dall’interessato, valutandolo per accertare se corrisponda o sia comparabile con la qualificazione richiesta nello Stato di destinazione per l’accesso alla ‘professione regolamentata” (Cfr. Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 18/2022, nonché, in senso conforme Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 19,20,21 e 22/2022).

Il Ministero, dunque, non può legittimamente rigettare l’istanza di riconoscimento sulla base della qualifica attribuita al titolo dallo stato di origine – nella fattispecie la Spagna aveva definito il titolo come “non ufficiale” – ma deve procedere con una valutazione puntuale della formazione conseguita dall’istante e sulla equiparabilità della stessa alla formazione impartita in Italia.

vittoria riconoscimento titoli esteri, Francesco Leone e Tiziana De Pasquale tengono in mano l'ordinanza della vittoria

Siamo orgogliosi di essere riusciti a dimostrare la validità di un percorso abilitativo sul Sostegno che accomuna tanti docenti che da oggi potranno finalmente insegnare senza riserve!”