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Unioni civili: non sono ammissibili deroghe all’equiparazione al matrimonio civile

Unioni civili: non sono ammissibili deroghe all’equiparazione al matrimonio civile

Il T.A.R. di Brescia si è espresso sull’impugnazione di un regolamento sulla celebrazione delle unioni civili, che aveva introdotto una disciplina differenziata rispetto alla celebrazione dei matrimoni civili.

norma_default200Il T.A.R. di Brescia (T.A.R. Lombardia – Brescia – Sentenza 29 dicembre 2016 , n. 1791) si è espresso sull’impugnazione di un regolamento sulla celebrazione delle unioni civili, che aveva introdotto una disciplina differenziata rispetto alla celebrazione dei matrimoni civili.
Il T.A.R. di Brescia si è espresso in merito ad un regolamento comunale che aveva introdotto una disciplina sulla celebrazione delle unioni civili diversa da quella sulla celebrazione dei matrimoni civili (i.e. celebranti, luogo della cerimonia, delega del sindaco ad altri soggetti).
Dopo aver compiuto una panoramica sul quadro giuridico delle unioni civili, sulle influenze internazionali, sulle analogie e differenze tra gli istituti del matrimonio e dell’unione civile, e su profili specifici (i.e. la costituzione del vincolo), il Collegio bresciano si è soffermato sulla portata dell’articolo 1, comma 20 della L. n. 76/2016 ai sensi del quale “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio (…) ovunque ricorrono (…) nei regolamenti si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.
Tale disposizione riveste un’automatica efficacia etero-integratrice delle norme regolamentari originariamente pensate e dedicate al solo istituto del matrimonio allora esistente. Pertanto, tali norme devono ora intendersi automaticamente estensibili e applicabili anche all’istituto delle unioni civili pur senza la necessità di una apposita modifica espressa in tal senso, così come accaduto in materia di pensione di reversibilità.
L’operatività del comma 20 nei confronti di un Regolamento comunale che disciplina la celebrazione del matrimonio civile non trova ostacoli nell’incipit dello stesso comma 20, che pone il “fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti … derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso”. Se è vero, infatti, che, in questo caso il diritto non può derivare da una unione civile non ancora costituita, è altrettanto e ancor di più vero che essendo identica tra matrimonio e unione civile la natura giuridica dell’atto costitutivo, la vis espansiva del comma 20 si estende al momento genetico dell’istituto, in modo da assicurare sin dall’origine e sin dal suo sorgere quella “parificazione”, pur nella distinzione delle relative e specifiche discipline positive, della nozione di coniuge con quella di persona unita civilmente; nonché quella equiparazione tra unione civile e matrimonio.
In caso contrario, si ammetterebbe una differenziazione anche eccessiva delle modalità di formazione del vincolo dell’unione civile rispetto a quelle riservate alla costituzione del vincolo matrimoniale, realizzando un depotenziamento ontologico del nuovo istituto e una frustrazione/violazione della complessiva finalità di tutela espressamente perseguita dal comma 20.
Unioni civiliNel caso di specie, anche la previsione che il luogo individuato per la costituzione sia diverso da quello assegnato ai matrimoni civili rende, ex se, illegittimo in parte qua il regolamento comunale. Parimenti, è illegittimo il regolamento comunale che contenga una preventiva e generalizzata (auto)esclusione del Sindaco dalla celebrazione di unioni civili che rappresenta un’evidente manifestazione di quella obiezione di coscienza non prevista nella Legge n. 76/2016 e un altrettanto evidente tentativo di aggirare, nella fase di attuazione della legge, la volontà espressa sul punto dal Parlamento, allorquando ha respinto un emendamento volto ad introdurre per i sindaci l’obiezione di coscienza (come evidenziato dal parere Cons. Stato n. 1695/2016).
In caso di “impedimento di coscienza”, infatti, resta integra in capo al Sindaco la facoltà/possibilità di fare ricorso all’istituto delle delega, secondo le modalità e i parametri propri del corretto esercizio di tale istituto ovvero, in primo luogo, delega ad personam e non a una categoria indeterminata.

Giuseppe Bruno per Norma.dbi.it

17/01/2017

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