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Ricorso Mibac 1052, la violazione dell’anonimato

In questi giorni stiamo ricevendo centinaia di segnalazioni sul concorso per 1052 assistenti alla vigilanza, indetto dal Mibact e gestito dalla Commissione interministeriale Ripam.

Tra le centinaia di segnalazioni, molti ci raccontato che durante la procedura selettiva è stato violato il principio dell’anonimato. Ebbene, occupandoci di altre selezioni pubbliche gestite dalla Commissione Ripam, sappiamo con certezza che il detto principio è stato violato. A qualche giorno fa risale il primo provvedimento di ammissione dei nostri ricorrenti alle prove del concorso RIPAM Campania (clicca qui per leggere l’articolo), in cui denunciavamo la violazione del principio in parola.

Ebbene, in questo articolo vorremmo raccontarti cosa è il principio dell’anonimato, perché deve essere garantito e perché è stato violato nella selezione indetta dal Mibact.

Chi volesse, può già aderire al nostro ricorso cliccando qui

Diretta Facebook, partecipa alla diretta dell’11 febbraio, alle ore 18.00, per ottenere tutte le informazioni necessarie all’adesione.

Prima di iniziare, vorremmo comunicare agli interessati che giorno 11 febbraio, alle ore 18.00 l’Avv. Francesco Leone sarà in diretta Facebook per consentire a tutti i partecipanti di conoscere le illegittimità riscontrate e le modalità di adesione al ricorso.
Spigheremo, inoltre, la nostra strategia difensiva e saremo pronti a rispondere a tutti le domande dei partecipanti. A tal fine, abbiamo predisposto un gruppo Facebook in cui trasmetteremo in esclusiva la diretta.

Clicca qui per iscriverti al gruppo Ricorso Concorso Mibact – Studio Legale Leone Fell & C.

Cosa è il principio dell’anonimato?

Il principio dell’anonimato s’impone in tutte le procedure concorsuali in cui più concorrenti gareggiano al fine di ottenere il medesimo obiettivo, e cioè il superamento del concorso.

Il rispetto del principio in parola risponde all’esigenza di salvaguardare la segretezza degli autori delle prove scritte fino a quando la correzione non sia stata ultimata al fine di garantire la parità di trattamento tra i candidati e la valutazione obiettiva dei loro elaborati.

La tutela di tale principio, pertanto, postula che gli atti riferibili ai candidati, in particolare gli elaborati, non siano riconoscibili e oggettivamente attribuibili a ciascuno di essi, se non dopo l’avvenuta correzione degli stessi.

Concorso MIbac, ecco perché è stato violato l’anonimato

La violazione del principio dell’anonimato è possibile riscontrarla attraverso la semplice lettura delle modalità operative impartite dalla Commissione d’esame e pubblicate dal Formez (clicca qui per leggere il foglio istruzioni).

Per quanto di interesse, la Commissione, nel foglio istruzioni, ha stabilito che «a conclusione della prova i candidati verranno invitati ad apporre i due codici a barre identici che saranno stati precedentemente consegnati, uno sul foglio anagrafico e l’altro sul foglio di risposta».

Pertanto, invero già durante l’espletamento della prova, i candidati prendevano possesso delle due identiche etichette, consegnate dal Comitato di vigilanza, e apposte sia nel modulo risposta sia in quello dell’anagrafica.

Come può rilevarsi dalla seguente «Figura 1», l’etichetta (in coppia), è composta da un semplice codice numerico composta da 6 cifre.

La coppia di etichette, secondo le intenzioni dell’Amministrazione, avrebbe svolto la funzione di ricondurre, dopo l’attribuzione del punteggio, l’elaborato all’identità del candidato.
In realtà, per svolgere tale funzione sarebbe bastato il solo codice a barre senza l’aggiunzione di un ulteriore codice numerico.

L’aver previsto un codice identificativo univoco, identificativo di ciascun candidato, ha avuto l’effetto di non garantire il principio dell’anonimato e rendere riconoscibile la prova di ciascun partecipante.

La violazione del principio è stata ancora più rilevante dal non avere imbustato gli elaborati nei candidati al termine della prova. In fatti, ai sensi dell’art. 14 del d.p.r. n. 487/94, comma 1, «al candidato sono consegnate in ciascuno dei giorni di esame due buste di eguale colore: una grande munita di linguetta staccabile ed una piccola contenente un cartoncino bianco». Al secondo comma è previsto che «il candidato, dopo aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, né altro contrassegno, mette il foglio o i fogli nella busta grande. Scrive il proprio nome e cognome, la data ed il luogo di nascita nel cartoncino e lo chiude nella busta piccola. Pone, quindi, anche la busta piccola nella grande che richiude e consegna al presidente della commissione o del comitato di vigilanza od a chi ne fa le veci. Il presidente della commissione o del comitato di vigilanza, o chi ne fa le veci, appone trasversalmente sulla busta, in modo che vi resti compreso il lembo della chiusura e la restante parte della busta stessa, la propria firma e l’indicazione della data della consegna».

Concorso MIbac, la nostra ultima sentenza sulla violazione dell’anonimato

Il nostro studio legale è stato uno dei primi che sin dal 2013 ha denunciato ai Giudici amministrativi la violazione dell’anonimato nelle procedure concorsuali. In ultimo, le nostre tesi sulla violazione del principio sono state recentemente accolte dal TAR del Lazio (stesso giudice a cui ci rivolgeremo per contestare gli esiti del concorso Mibac).

Infatti, il TAR del Lazio – Roma, con sentenza n. 13721/2019 resa il 29 novembre 2019 ha confermato che le medesime modalità procedurali del concorso Mibac sono idonee a violare il principio dell’anonimato. La conseguenza della lesione è stata, pertanto, l’ammissione in sovrannumero di tutti i ricorrenti. Pertanto, al fine di dimostrare quanto affermato si riportano, in sintesi, gli stralci più significativi della predetta sentenza:

  1. «Ebbene, su tutti i predetti fogli risulta apposto un codice a barre e immediatamente al disotto di esso un codice alfanumerico, denominato “codice del plico”, identico su tutte le schede riguardanti lo stesso concorrente e composto dai nove elementi dianzi illustrati. L’abbinamento dei codici riportati sotto i fogli risposte e i fogli controllo con quello figurante nella scheda anagrafica, riconduce quindi immediatamente all’identità dell’autore dell’elaborato e degli appunti, senza peraltro obliterare la circostanza che sui fogli controllo (dedicati agli appunti) ogni candidato poteva apporre comunque le proprie generalità nel riquadro in alto a destra».
  2. «Una volta terminata la prova i concorrenti riponevano i fogli controllo e i fogli risposte in un’urna e la scheda anagrafica in un’altra urna, senza, tuttavia, che i fogli risposte e i fogli controllo, ossia il materiale utilizzato dal candidato per lo svolgimento della prova preselettiva e per la scelta della risposta esatta da dare alle domande somministrate (c.d. test), venissero chiusi in apposita busta sigillata priva di generalità all’esterno e intuitivamente munita di un semplice identificativo numerico. La medesima modalità di consegna era contemplata e veniva attuata relativamente alla scheda anagrafica, che non veniva riposta in busta chiusa. (…). Contestualmente e parallelamente, anche le schede anagrafiche venivano raccolte libere e visionabili liberamente dai commissari, in un’altra urna o contenitore, sia pur fisicamente distante dalla prima. Di modo che una volta visionato un determinato elaborato, era possibile abbinarlo alla scheda anagrafica, con il che ecco svelata l’identità dell’autore della scheda riposte, con patente violazione dell’anonimato».
  3. «Risulta pertanto infranta la regola dell’anonimato la quale, come la giurisprudenza ha più volte puntualizzato, va osservata anche se la prova concorsuale venga sottoposta a sistemi automatizzati di correzione. Per il Consiglio di Stato, infatti, la mancata rigorosa osservanza della regola dell’anonimato costituisce violazione rilevante ex se, “senza che sia necessario (per inferirne l’illegittimità) ricostruire a posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli elaborati da parte dei soggetti chiamati a valutarli” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 6.4.2010, n. 1928), rimarcandosi in tal senso la non riconoscibilità, anche ipotetica, dell’autore degli scritti costituisce “garanzia ineludibile di serietà della selezione e dello stesso funzionamento del meccanismo meritocratico” (Cons. St. n. 1928/2010 cit.), evidenziandosi al riguardo “la valenza della garanzia dell’anonimato quale diretto portato del criterio generale di imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi, anche potenziali, di condizionamenti esterni” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 11.7.2013, n. 37647)».

Concorso MIbac, come aderire al ricorso

Oltre alla violazione dell’anonimato, il nostro Team legale sta valutando ulteriori illegittimità che saranno portate all’attenzione di tutti gli interessati.

Ad ogni modo, a prescindere dalla conoscenza del punteggio, è possibile aderire al ricorso mibact cliccando qui

10/02/2020

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