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Rimborso rivalutazione pensioni: è ancora possibile agire! Facciamo chiarezza

Rimborso rivalutazione pensioni: è ancora possibile agire! Facciamo chiarezza

È ormai noto che, successivamente alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015, i pensionati che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 24, comma 25, del d.l. 201/2011 (c.d. Legge Fornero) nella parte in cui prevedeva il blocco della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici superiori tre volte il trattamento minimo INPS, molti pensionati hanno ottenuto la possibilità di rivalersi contro l’ente previdenziale per ottenere i ratei perduti relativi alla rivalutazione delle pensioni prevista dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

È altrettanto noto che su detta pronuncia è intervenuto il Governo che, con il Decreto Legge n. 65 del 2015, ha compresso il diritto alla rivalutazione riconosciuto dai Giudici della Consulta relativamente al biennio 2012-2013, disponendo delle mere misure di rimborso parziale o addirittura escludendo tale possibilità.

Tali previsioni, tuttavia, hanno sin da subito destato sospetto dal punto di vista della legittimità costituzionale; ed invero, numerosi Tribunali sparsi su tutto il territorio nazionale hanno sollevato la questione innanzi alla Consulta affinché si pronunciasse sulla loro legittimità.

Ed invero, come da ultimo statuito dal Tribunale di Cuneo, con l’Ordinanza n. 210 del 2016, “il d.l. 65/15, nel sostituire il testo del d.l. 201/11 convertito in legge 214/11, dichiarato incostituzionale con sentenza 70/2015 della Consulta, ha sostanzialmente aggirato le statuizioni di detta declaratoria, impedendo la portata retroattiva insista nella dichiarazione di incostituzionalità’. Tutto ciò in pieno spregio dell’Art. 136 della Costituzione che Corte, ai sensi del quale, così per come interpretato dalla Corte costituzionale, sarebbero illegittimi “gli interventi legislativi che, dopo pronunce declaratorie di incostituzionalità, abbiano avuto il sostanziale effetto di “prolungare la vita” della norma dichiarata incostituzionale, in tal modo ripristinando l’efficacia delle disposizioni ormai caducate e dunque gli effetti che erano stati rimossi per effetto della declaratoria di incostituzionalità”.

Tale, d’altronde, era stata la posizione assunta anche dai legali del nostro staff, i quali immediatamente avevano rilevato i profili di illegittimità delle disposizioni in questione, sollecitando tutti gli interessati ad agire per la tutela delle proprie posizioni giuridiche.

Peraltro, anche nelle more dell’attesa della decisione della Corte costituzionale sulla legittimità delle richiamate disposizioni del D.L. n. 65 del 2005, il nostro studio ha continuato ad invitare i propri ricorrenti ad inviare la lettera di diffida necessaria ad interrompere la prescrizione per i ratei di rivalutazione più datati (quelli, in particolare, relativi ai primi mesi del 2012).

Negli ultimi mesi, tuttavia si sono rincorse voci relative ad una presunta intervenuta prescrizione del termine (in data 31.12.2016) per potere proporre l’azione di recupero delle somme, di cui l’atto di diffida costituisce solo il primo step.

È proprio su tale punto, pertanto, che bisogna fare chiarezza, operando le opportune precisazioni.

Coloro che hanno inviato la diffida proposta dal nostro studio entro il termine del 31.12.2016 si sono unicamente preservati la possibilità di non incorrere in alcuna prescrizione, in relazione a nessun rateo di rivalutazione.

Ciò, tuttavia, non significa che non si possa ancora agire. E cioè chi non ha ancora inviato la diffida all’ente previdenziale è perfettamente ancora in termini per potere chiedere quanto dovuto!

Ciò in quanto la prescrizione si realizza in relazione a ciascun rateo di rivalutazione. Conseguentemente, chi non ha ancora inviato la lettera di diffida all’INPS, potrà ancora farlo, con la sola consapevolezza di avere perso, rispetto a coloro che hanno agito entro il 31.12.2016, i ratei relativi alle mensilità di gennaio e febbraio 2012.

Dunque, al contrario di quanto asserito altrove, si può ed anzi, nell’attesa della Sentenza della Corte costituzionale, è ancora opportuno agire. Pertanto, i pensionati danneggiati dal D.L. 65/2015 che fino ad ora non avessero ancora mai inviato nessuna diffida interruttiva della prescrizione hanno tutto l’interesse a non far trascorrere altro tempo, perdendo così la possibilità di riscuotere tutti gli arretrati!

Chi fosse interessato, dunque, può inviare la diffida il prima possibile tramite raccomandata con ricevuta di ritorno ai destinatari indicati sul modello (scarica gratuitamente il modello cliccando qui).

Dopo avere inviato la diffida, Vi invitiamo ad inviarcene una copia via mail unitamente alla ricevuta di ritorno della raccomandata.

Chi non dovesse ricevere alcuna risposta entro 120 gg dalla data dell’invio, potrà agire presso il competente organo giudiziario entro i successivi 30 giorni.

Chi, invece, dovesse ricevere un provvedimento di rigetto espresso da parte dell’INPS, dovrà contattarci immediatamente ai fini della presentazione del ricorso giurisdizionale entro il medesimo termine.

Per maggiori informazioni relative alle modalità di compilazione dell’istanza potete contattarci allo 0917794561.

Per qualsiasi informazione invia una mail all’indirizzo [email protected] o compila il nostro form “Raccontaci il tuo caso”.

Scopri l’avvocato a te più vicino visualizzando i legal point de “LA RETE DEI DIRITTI”.

Avv. Tiziana De Pasquale
Avv. Tiziana De Pasquale

Articolo a cura dell’Avv. Tiziana De Pasquale

07/10/2022

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