Le nostre vittorie al Tar, relative al Concorso Scuola 2016, probabilmente hanno infastidito anche i vertici della politica italiana. Nelle scorse settimane, infatti, ottenevamo i primi decreti di ammissione al concorso per i nostri ricorrenti.
La senatrice Francesca Puglisi (Capogruppo Commissione Istruzione e Responsabile Nazionale Scuola Pd) ha sferrato un duro attacco contro le ordinanze del Tar che ammettevano al Concorso Scuola alcune categorie di esclusi e nei confronti degli avvocati che avevano patrocinato i ricorsi. L’onorevole ha dichiarato alla stampa: “E’ finito il tempo delle sanatorie politiche e vorremmo che fosse finita anche l’Italia degli azzeccagarbugli”.
Ho scritto una lettera aperta di risposta alla senatrice, che di seguito pubblico.
Gentile Senatrice,
mi chiamo Francesco Leone, faccio l’avvocato, e sono uno degli“azzeccagarbugli” che ha ottenuto, qualche giorno fa, la pronuncia cautelare positiva da parte del Tar Lazio sul Concorso Scuola.
So che il mio lavoro, e quello di tanti altri colleghi, non Le piace. A comunicarcelo è stata Lei stessa con una dichiarazione diffusa alla stampa nella quale ha affermato che “Stupisce l’ordinanza del TAR che per pochissimi non abilitati tenta di aprire la partecipazione al concorso. Rispettiamo la giustizia amministrativa, ma, qualora ce ne fosse bisogno, il Ministero dell’Istruzione fa bene ad opporsi. E’ finito il tempo delle sanatorie politiche e vorremmo che fosse finita anche l’Italia degli azzeccagarbugli. I ragazzi meritano una scuola di qualità, con docenti selezionati per concorso, come Costituzione chiede”.
Dinnanzi a queste sue esternazioni, posso dirLe che concordiamo entrambi su un punto: i ragazzi meritano una scuola di qualità. Su tutto il resto, come comprenderà, sono in netto disaccordo con Lei. Le spiego il perché.
Inizio con il dirLe che coloro i quali definisce “azzeccagarbugli” sono, in realtà, degli avvocati che svolgono un ruolo previsto (pensi un po’!) dalla nostra Costituzione. All’articolo 24, infatti, la nostra Carta costituzionale enuncia che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado di giudizio”.
Mi creda, nel segnalarLe l’importanza che la figura dell’avvocato riveste per il nostro Ordinamento Giuridico, non ho alcuna intenzione di prendere le difese del complesso e contraddittorio mondo forense.
Sono consapevole infatti – e la mia storia professionale ne è testimone – di quanto sia necessario cambiare in meglio l’avvocatura. Di quanto sia necessario uscire da una asfittica autoreferenzialità per aprirsi concretamente alla società. Senza girarci troppo intorno, Le dico che il “foro” soffre probabilmente degli stessi mali patiti dalla politica. Corporativismo, gerontocrazia e nepotismo sono solo alcuni dei mali che attanagliano una parte dell’avvocatura. Mali che, voglio tranquillizzarla, soprattutto noi giovani avvocati stiamo riuscendo a “rottamare”. Il percorso per fare ciò sarà lungo e tortuoso ma sono fiducioso, i miei 35 anni me lo impongono e i miei sogni anche.
Chiarito, quindi, che non ho intenzione di fare una difesa sterile della mia “casta”, voglio sommessamente raccontarLe chi sono le persone che si sono rivolte a me e che, al momento, sono state ammesse alla selezione per il reclutamento dei circa 64.000 futuri docenti.
La prima è una donna del centro nord, mamma, che da anni è iscritta nelle graduatorie di terza fascia d’istituo. Il meccanismo della terza fascia, come Lei di certo saprà, prevede che dei laureati non abilitati possano iscriversi in questa particolare graduatoria ed essere chiamati a sostituire i titolari di cattedra in caso di loro assenza.
Tale meccanismo esiste da una decina di anni ed ha generato una pletora di precari che lavorano da anni come supplenti. Mi creda, è dura la vita di chi sta in terza fascia. Ci si sposta sempre, anche per pochi giorni di supplenza, a fronte di uno stipendio da fame e una costante incognita sul proprio futuro.
Nonostante tutto, però, la mia cliente non si è mai tirata indietro e ha risposto “signor sì” ogni qualvolta un istituti scolastico abbia avuto bisogno di lei. Insieme ad altre migliaia di persone, la signora ha garantito ad intere generazioni la continuità didattica e, soprattutto, è stata punto di riferimento nel percorso formativo di tanti giovani italiani.
Poi la legge di riforma scolastica, approvata lo scorso anno, la n. 107, ha decretato la chiusura della terza fascia a partire dal prossimo anno. Queste persone, pertanto, non potranno piu insegnare salvo che non acquisiscano un titolo abilitativo e superino un concorso. Questa è stata la scelta del legislatore che, sebbene discutibile, potrebbe essere legittima se si esclude però un piccolo particolare: tutti i docenti di terza fascia, non essendo abilitati, non potranno partecipare al prossimo concorso.
Il cronoprogramma adottato dal ministero, infatti, non ha previsto la bandizione di un “TFA” (o altro percorso abilitante) prima dello svolgimento della procedura selettiva. Ed il primo concorso utile per questo personale si terrà fra 3 anni.
Semplificando, migliaia di docenti che in queste ore insegnano nelle classi dei nostri figli sono esclusi dal concorso perché non considerati “abilitati” all’insegnamento. Di contro, un laureato che ha potuto partecipare ad un corso abilitante ma che, a differenza della mia assistita, non ha mai messo piede in una scuola potrà partecipare al concorso. Capirà da sola, quindi, il controsenso nel quale si è cacciato il Miur e il pregiudizio che sta patendo la mia assistita. Ed infatti delle due l’una: o alla ricorrente, non essendo abilitata, si impediva sin da subito di insegnare o, in alternativa, si consentiva a lei, e a tutti coloro che si trovano nelle sue stesse condizioni, di partecipare al concorso.
Il percorso selezionato dal legislatore, invece, è quello di lasciare a casa a partire dal 2017 queste persone e consentirgli di reinserirsi nel settore solo a partire dal 2019/2020.
L’altro caso che ho portato in giudizio, riguarda un brillante dottore di ricerca di Palermo. Lui il TFA lo avrebbe voluto fare, peccato però che una norma assurda impedisca a chi fa il dottorato di ricerca di partecipare al corso di tirocinio formativo attivo. Anche lui quindi senza abilitazione, e anche lui quindi escluso dal concorso. Un po’ di buon senso avrebbe potuto risolvere la questione. Sarebbe bastato ritenere “abilitante” il conseguimento del dottorato di ricerca e aprire le porte del concorso – e delle nostre scuole – a brillanti, e giovani precari universitari che non trovano lavoro perche il loro titolo non è adeguatamente valutato. Purtroppo, però, nulla in tal senso è stato fatto dal ministero e al mio assistito non è rimasta altra strada che rivolgersi ad un avvocato.
Questi, vede, gentile Senatrice sono i casi che da “azzeccagarbugli” ho portato, unitamente alle colleghe Simona Fell e Maria Saia, all’attenzione del Tar.
E Le assicuro che tanti altri casi, a volte ancor più gravi, potrebbero raccontarli tanti altri legali.
Azzeccagarbugli pure loro, certo, ma di quelli bravi e con la schiena dritta.
Pensi che tra coloro che in queste settimane si stanno occupando delle incongruenze del concorso scuola, ci sono gli avvocati che hanno ottenuto la sentenza “Mascolo” dalla Corte di Giustizia Europea o, ancora, i colleghi che hanno lottato per anni per l’abolizione del numero chiuso e una più efficace tutela del diritto allo studio. Ai suoi occhi solo altri scocciatori, ai miei degli esempi da seguire.
Gentile Senatrice, qualora non fosse chiaro, noi avvocati ogni giorno indossiamo la toga e, sfidando le disfunzioni del sistema giustizia, difendiamo i diritti inviolabili dei cittadini. Di tutti i cittadini. Anche di quelli che non riescono a pagarci. E lo facciamo perché è il ruolo che la nostra Costituzione ci attribuisce.
Per queste ragione, Senatrice Puglisi, La invito ad un confronto con me e con il mondo delle professioni legali – dove e quando lo decida Lei – e Le garantisco che nel merito delle questioni le farò cambiare opinione su noi avvocati e sulla legittimità del Bando Scuola. Finché ciò non avverrà, però, La prego di concedere a noi e ai giudici il suo rispetto. Abbiamo già vissuto, infatti, il tempo in cui la politica entrava a gamba tesa nelle aule dei tribunali, ed è stato un incubo nel quale mi auguro Lei non sogni di ricacciarci.
In attesa di un Suo gentile riscontro, Le auguro il meglio per la Sua attività istituzionale.
Avv. Francesco Leone
Presidente dell’Associazione Giuristi Siciliani
20/04/2016