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Congedo parentale: madre casalinga, anche il padre ha diritto ai periodi di riposo

congedo parentale, immagine con padre che gioca con due bambini

Sentenza storica del Consiglio di Stato in materia di congedo parentale. Per i giudici anche il padre ha diritto a usufruire dei periodi di riposo previsti dalla legge, a prescindere dall'attività svolta dalle madre.

Congedo parentale: cosa dice la legge

La normativa di riferimento, in materia, è rappresentata dal Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità (d.lgs. n. 151 del 2001): la norma prevede, in particolare agli artt. 39 e 40, rispettivamente il diritto della madre e del padre, che siano lavoratori dipendenti, a fruire di riposi giornalieri per il primo anno di vita del figlio. 

Si tratta, ovviamente, di un principio fondamentale del nostro ordinamento, quello della tutela della famiglia e della valorizzazione del prevalente interesse del minore, alla cui tutela e cura devono essere indirizzati i diritti e i doveri di entrambi i genitori. 

 

Secondo la legge, quindi, anche il padre deve poter prestare assistenza e “supporto affettivo” al bambino nel suo primo anno di vita, superando una obsoleta visione della famiglia che ricollegava solo ed esclusivamente alla madre il ruolo di assistenza e tutela del bambino. 

 

La decisione del Consiglio di Stato

Nella sentenza, in particolare, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che “i periodi di riposo di cui all’articolo 39 rientrano nel novero dei diritti riconosciuti in attuazione del valore costituzionalmente tutelato della funzione genitoriale, cui si riconnettono:

– sia le responsabilità di entrambi i genitori nei confronti del figlio (naturale o adottivo), e dunque il diritto dei medesimi ad ottenere dall’ordinamento il riconoscimento delle migliori condizioni possibili onde assolvere ad una funzione, non solo individualmente, ma anche socialmente fondamentale;

– sia, specularmente, il diritto del figlio ad ottenere, per il tramite dell’assistenza dei genitori, ottimali condizioni di crescita e di sviluppo della sua età evolutiva.”

E ancora, precisa il Consiglio di Stato che “i periodi di riposo di cui all’articolo 39 del d. lgs. n. 151/2001 hanno natura non di “beneficio” concedibile dall’Amministrazione, bensì di diritto, e non possono essere riferiti ad un “istituto contrattuale a tutela della genitorialità”.

Per quanto riguarda, quindi, il concreto esercizio dei congedi e dei periodi di riposo, la legge stabilisce che il padre ne può godere se è l’unico titolare della potestà genitoriale, oppure se la madre è impossibilitata o decide di non avvalersene. L’ulteriore ipotesi, poi, è quella secondo cui la fruizione dei periodi di riposo spetti al padre “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”.

In altre parole, se il padre vuole godere dei periodi di riposo durante il primo anno di vita del bambino, occorre solo sia un lavoratore dipendente e che la madre non lo sia: ci si riferisce, quindi, “a qualsiasi categoria di lavoratrici non dipendenti, e quindi anche alla donna che svolge attività lavorativa in ambito familiare, senza che sia necessario, a tal fine, che ella sia impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato, ovvero sia affetta da infermità”.

Con la sentenza citata, quindi, l’Adunanza Plenaria ha, nei fatti, accordato al ricorrente il diritto alla fruizione dei riposi giornalieri sino al compimento di un anno di età della figlia.

Se anche tu hai un figlio piccolo e vuoi fruire dei riposi giornalieri, è possibile proporre un’istanza alla tua Amministrazione o, in caso di rigetto, avanzare un ricorso al TAR, per ottenere il tuo diritto alla fruizione dei riposi giornalieri. 

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28/04/2023

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