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Diffamazione, insulta i vicini di casa in udienza definendoli “animali” : condannato

Diffamazione, insulta i vicini di casa in udienza definendoli “animali” : condannato

Diffamazione“Sono dei veri e propri animali”. Una frase, quella pronunciata in un’aula del Giudice di Pace di Messina da parte di un condomino nei confronti dei propri vicini di casa, che è stata considerata come diffamatoria da parte della Cassazione (Cass. Pen. sent. n. 35540/2016). Il condominio, si sa, è un luogo dove le liti sono all’ordine del giorno. A livello giurisprudenziale, poi, sono tantissime le cause che traggono origine da eventi che si sviluppano all’interno dei condomini. Rappresentano, addirittura, il 10% del totale dei giudizi pendenti. Si parla, per restare nell’ambito dei numeri, di circa 500mila processi instaurati per “ragioni condominiali”.

E proprio i rapporti tesi in condominio hanno portato i soggetti protagonisti di questa storia in Tribunale e durante lo svolgimento dell’udienza i toni sono diventati aspri e abbastanza “coloriti”.

Diffamazione tra condomini, inutile la tesi difensiva

Inutile la tesi difensiva portata avanti dai diffamanti, i quali hanno ritenuto necessario il paragone utilizzato, al fine di far meglio comprendere al giudice interpellato i fatti per cui era maturata l’imputazione di cui al procedimento.

La Suprema Corte, in virtù delle delucidazioni in fatto effettuate dal difensore della parte offesa, non ha mostrato dubbi in merito alla sussistenza dei requisiti della diffamazione di cui all’articolo 595 del codice penale.

Diffamazione, gli elementi necessari per la configurazione del reato

La giurisprudenza dominante, infatti, ormai da tempo ha ribadito come i caratteri essenziali e salienti per la configurazione del reato in questione siano: la reputazione (quale interesse tutelato); la condotta lesiva dell’identità personale (quale elemento oggettivo); il dolo generico (quale elemento soggettivo).

Diffamazione, le argomentazioni della Corte

Diffamazione 2Proprio la contemporanea sussistenza dei caratteri sopra citati ha convinto i giudici di legittimità a ritenere che «…è l’onore nel suo riflesso in termini di valutazione sociale (alias reputazione) di ciascun cittadino e l’evento è costituito dalla comunicazione e dalla correlata percezione o percepibilità, da parte di almeno due consociati, di un segno (parola, disegno) lesivo, che sia diretto, non in astratto, ma concretamente ad incidere sulla reputazione di uno specifico cittadino, l’espressione oggetto di contestazione è obiettivamente pregiudizievole della reputazione della persona offesa, concretizzando un pregiudizio anche la divulgazione di qualità negative idonee ad intaccarne l’opinione tra il pubblico dei consociati».

Diffamazione, no alla scriminante

La scriminante di cui all’ articolo 599, comma 2, c.p. non può quindi, ritenersi presente in quanto lo stato d’ira – a detta dei giudici– non pregiudica la punibilità della condotta.

 

06/09/2016

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