Infortuni sul lavoro, nessuna responsabilità oggettiva a carico del datore
Il mero verificarsi di un danno non comporta sempre e comunque una violazione delle misure di sicurezza previste. Non vi è responsabilità oggettiva in caso si verifichi un qualsiasi evento lesivo della salute dei dipendenti.
E’ quanto emerge dalla sentenza resa dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, 5 giugno 2016 , n. 12347
Precisamente, ad avviso della Corte non vi è responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2087 c.c. quando siano stati rispettati tutti gli obblighi previsti dalla legge.
In caso di infortunio sul lavoro, il datore è da considerare responsabile solo quando l’evento dipende da negligenza, imperizia, imprudenza o inosservanza di norme.
Infortuni sul lavoro, le tesi dei Giudici
Invero, affermano i Giudici, l’art. 2087 c.c. non configura una forma di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, non potendosi automaticamente desumere dal mero verificarsi del danno l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate: la responsabilità datoriale va infatti collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle migliori conoscenze sperimentali o tecniche del momento al fine di prevenire infortuni sul lavoro e di assicurare la salubrità e, in senso lato, la sicurezza in correlazione all’ambiente in cui l’attività lavorativa viene prestata, onde in tanto può essere affermata in quanto la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto. Si tratta, in altri termini, di un’obbligazione assimilabile a quelle tradizionalmente definite “di mezzi”, in cui la diligenza, oltre a costituire il criterio per valutare l’esattezza dell’adempimento, esaurisce l’oggetto stesso dell’obbligazione, traducendosi nel dovere di conoscere quei saperi e di adottare quelle tecniche considerate più attendibili nell’ottica di perseguire il fine indicato dall’art. 2087 cit., e in cui il mancato conseguimento di tale fine rileva solo in quanto sussista un nesso di causalità (non solo in senso materiale, ma anche normativo) tra la condotta che detto obbligo di diligenza abbia violato e l’evento dannoso in concreto verificatosi. Vale a dire che l’art. 2087 c.c., nella misura in cui costruisce quale oggetto dell’obbligazione datoriale un facere consistente nell’adozione delle “misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita, ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si è cagionato, cioè quando la regola cautelare violata non aveva come scopo anche quello di prevenire quel particolare tipo di evento concreto che si è effettivamente verificato (o almeno un evento normativamente equivalente ad esso).
Infortuni sul lavoro, va esclusa la responsabilità oggettiva del datore
Nel caso di specie l’infortunio si era verificato fra due lavoratori, entrambi in bicicletta, uno dei quali, procedendo nel sottopassaggio dello stabilimento in cui lavorava, investiva un altro lavoratore. In prossimità del cunicolo erano presenti, però, dei segnali di pericolo che richiamavano l’attenzione sulla necessità di procedere lentamente.
Ebbene, alla luce di quanto precede, essendo la condotta dell’investitore non assolutamente legata allo svolgimento dei lavori, va esclusa la responsabilità oggettiva del datore di lavoro.
Adriana Costanzo per Norma.dbi.it
09/09/2016