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Concorso Gdf, tatuaggio non visibile non è motivo di esclusione

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Sei stato escluso per aver un tatuaggio non visibile con la divisa di ordinanza o in fase di rimozione? Puoi contestare l'esclusione ed essere riammesso al concorso

Tatuaggio non visibile, il Tar lo riammette al concorso

Aveva partecipato al concorso per 1.409 allievi finanzieri, ma era stato escluso, ottenendo un giudizio di non idoneità,  per la presenza di “n.2 tatuaggi esimenti in regione sovramalleolare destra ed al terzo distale posteriore della gamba sinistra”.  Non ritenendo dunque corretta la sua esclusione, aveva dunque proposto ricorso e i giudici del Tar hanno accolto e riammesso il ricorrente alle successive fasi del concorso.

Il bando prevedeva che “…saranno esclusi i concorrenti che presentano tali tatuaggi/alterazioni permanenti: (…) sulle gambe (al di sotto della rotula, anteriormente, e della cavità poplitea, posteriormente; al di sopra dei malleoli)”. La regione dei due tatuaggi, peraltro in avanzata fase di rimozione, non era di per sé motivo escludente.

Inoltre, per giustificare un’eventuale esclusione, il tatuaggio deve essere lesivo del decoro dell’uniforme o della dignità della condizione dell’appartenente al Corpo.

Il giudizio appare dunque privo di base normativa ed in contrasto con l’art. 721 d.P.R. 90/2010 – il quale si limita a disporre, senza altro aggiungere, che “l’aspetto esteriore del militare debba essere decoroso, come richiede la dignità della sua condizione e deve comunque essere tale da consentire il corretto uso dei capi di equipaggiamento previsti”.

Il tatuaggio che ha dato luogo al provvedimento di esclusione  appare inoltre essere ubicato in una zona del corpo non visibile indossando le ordinarie divise maschili del Corpo della Guardia di Finanza.

Leggi anche: Concorsi militari e forze dell’ordine, illegittima l’esclusione per tatuaggio non deturpante

La decisione dei giudici

Già in precedenza, il Tar si era espresso favorevolmente (Tar Lazio, Roma, sez. I quater n. 8499/2018; id., n. 1073/2019) affermando che: “la presenza di un tatuaggio non può costituire causa automatica di esclusione dal concorso per non idoneità, essendo necessario che tale alterazione acquisita della cute rivesta carattere “rilevante” e che sia idonea a compromettere il decoro della persona e dell’uniforme, con conseguente onere per l’Amministrazione di specificare, con adeguata motivazione, le ragioni in base alle quali la presenza di un tatuaggio possa assurgere a causa di non idoneità all’arruolamento, avuto riguardo ai precisi parametri di valutazione indicati nella normativa di riferimento”.

Anche il Consiglio di Stato ha stabilito che “laddove il tatuaggio non assuma alcuna attitudine deturpante né alcuna idoneità a costituire indice di personalità abnorme – la visibilità del tatuaggio deve presentare una certa evidenza, non potendo lo stesso in alcun modo essere coperto indossando la divisa o in altro modo (…) Orbene, ritiene il Collegio che la sussistenza della suillustrata causa di non idoneità non possa desumersi dal mero riscontro del tatuaggio, dovendo l’Amministrazione valutare la visibilità dello stesso. Più nel dettaglio, se è vero che con il D.M. 30 giugno 2003, n. 198, si è inteso introdurre in materia un maggior rigore espressamente aggiungendo l’ulteriore previsione ostativa alla idoneità costituita dalla “presenza del tatuaggio sulle parti del corpo non coperte dall’uniforme”, è vero anche che – in specie – laddove il tatuaggio non assuma alcuna attitudine deturpante né alcuna idoneità a costituire indice di personalità abnorme – la visibilità del tatuaggio deve presentare una certa evidenza, non potendo lo stesso in alcun modo essere coperto indossando la divisa o in altro modo”. 

In questo caso, non solo i tatuaggi venivano coperti in modo totatle dalla divisa, ma erano peraltro in avanzato stato di rimozione. Pertanto, i giudici hanno accolto il ricorso e riammesso il ricorrente alle successive fasi del concorso.

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27/09/2022

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