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Maternità surrogata all’estero: nessun reato se la pratica è legale nel Paese

surrogata-540x280Far crescere nel proprio grembo un figlio per conto di un’altra coppia alla quale poi sarà dato il bambino. E’ la cosiddetta maternità surrogata, fenomeno sempre più ricorrente anche in Italia, che ultimamente ha diviso l’opinione pubblica.

Questa scelta, che si riferisce essenzialmente ad una sfera etica e personalissima, sul piano giuridico è considerata una pratica che molti paesi, tra cui il nostro, vietano per legge.

Nel nostro ordinamento, infatti, il comma 6 dell’articolo 12 della legge 40 sancisce che “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”. La gestazione per conto terzi è vietata anche in Svezia, Norvegia, Danimarca, Germania, Francia, Spagna e Finlandia, mentre è permessa in molti altri Paesi, dagli Stati Uniti all’India.

La questione è giunta recentemente anche in Cassazione. Non commette alcun illecito penale la coppia che si rechi all’estero per tentare la c.d. procreazione assistita (ovvero l’utero in affitto) se nel Paese in questione la pratica sia legale. Ciò emerge dalla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 5 aprile 2016, n. 13525, che ha anche affermato la correttezza della trascrizione in Italia dell’atto di nascita ufficializzato nel Paese estero, nel quale si attesta che i due italiani sono genitori del bambino.

surrogacy-in-ukraine-540x280Il caso riguardava due cittadini italiani diventati genitori di un bambino nato in Ucraina a seguito di procreazione assistita, come attestato dalla madre naturale, cittadina Ucraina, che aveva acconsentito che i due imputati fossero registrati come genitori.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli presentava ricorso per Cassazione lamentando la violazione dell’art. 12, comma 6, della L. n. 40/2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”, posto che gli imputati avevano consapevolmente omesso di dichiarare al funzionario consolare dell’Ambasciata italiana di Kiev di avere fatto ricorso alla tecnica di procreazione della maternità surrogata.

Secondo gli ermellini, deve ritenersi insussistente il reato contestato considerato che la coppia non aveva alcuna volontà di commettere l’illecito, avendo compiuto detta attività in un Paese dove tale pratica era perfettamente lecita.

Deve, inoltre, ritenersi legittima la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita redatto dai pubblici ufficiali ucraini, che indica la coppia come genitori del bambino.

La questione, tuttavia, è più che mai aperta, stante il numero elevato di coppie che ricorre a tale pratica.

19/04/2017

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