La notizia dell’ultim’ora giunge ai tifosi, e a tutti gli operatori del settore, come un fulmine a ciel sereno. La decisione del ricorso presentato da Valentino Rossi al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna è arrivata. Respinta la richiesta di sospensiva della penalizzazione di 3 punti sulla patente ricevuta a Sepang per lo scontro in pista con Marquez.
Anche se l’attenzione mediatica degli ultimi giorni si è concentrata principalmente sulla “crudele” punizione inflitta al pilota italiano, serve ormai, a tre giorni dalla conclusione del Motomondiale 2015, un’ultima riflessione sullo spiacevole incidente di due domeniche fa.
Ricapitolando. Dopo la corsa in Malesia, la Direzione gara della Fim (Federazione Internazionale di Motociclismo) ha rilevato che Valentino Rossi ha “deliberatamente allargato la traiettoria per forzare Marc Marquez fuori strada, creando le condizioni di un contatto che ha causato la caduta e il ritiro di Marquez. Per questa infrazione ai regolamenti Fim, la Direzione gara ha imposto 3 punti di penalizzazione al pilota, sanzione poi confermata dagli Stewards Fim. Il totale dei punti a carico di Rossi è di 4, in aggiunta al punto in precedenza ricevuto per un altro incidente durante la stagione. Sulla base dei regolamenti Fim un pilota con 4 punti di penalità deve partire nella gara successiva in fondo allo schieramento di partenza“.
La prima domanda che molti sportivi si sono chiesti è: “Perché proprio tre punti di penalizzazione?”.
In verità, la Direzione gara prima, e gli Stewards Fim dopo, hanno applicato quelle che sono le nuove regole del campionato Motomondiale. Esse sono chiare: ad ogni scorrettezza viene attribuito un punteggio e, al raggiungimento di determinate soglie, scattano le punizioni.
Il problema che è stato affrontato negli ultimi anni dalla Grand Prix Commission è stato quello di risolvere le controversie nascenti da continue ammonizioni o penalizzazioni inflitte ai piloti per aver messo in pericolo altri colleghi o per aver commesso altri reati gravi come aggressione a commissari di pista od altri funzionari. In virtù di ciò, la Direzione di Gara può sanzionare un pilota con un numero di punti di penalità tra uno e dieci. Questo può essere in alternativa o in aggiunta a qualsiasi altra sanzione. I punti saranno sommati durante la stagione e quando si raggiungono determinate soglie le seguenti sanzioni saranno applicate automaticamente:
- 4 punti – Partenza dal fondo della griglia nella gara successiva
- 7 punti – Partenza dalla pit-lane nella gara successiva
- 10 punti – Squalifica nell’evento successivo
Pertanto, in ordine alla sanzione, è stata comminata una sommatoria tra la precedente penalità di un punto sulla patente inflitta a Valentino giorno 13 settembre 2015, ove la Direzione Gara durante le fasi finali della Q2 ha statuito che il pilota italiano, guidando lentamente in traiettoria, ha ostacolato il compagno Jorge Lorenzo nel suo giro veloce, e i tre punti di penalizzazione inflitti a Sepang per aver allargato la traiettoria per forzare Marc Marquez fuori strada. Penalità che ad oggi pesa quanto un macigno. A norma dell’articolo 3.2.1. della FIM Road Racing World Championship Grand Prix, infatti, il pilota andava sanzionato.
Ed è proprio questo profilo che viene in rilievo anche nell’incidente in Malesia. Il primo ricorso della Yamaha, infatti, era già stato respinto in pista da chi aveva condannato “The Doctor” non per il calcio o la ginocchiata, ma perché aveva portato Marquez fuori traiettoria con una manovra scorretta.
Il vero punto critico, quindi, risiede nella natura della sanzione dei tre punti dalla patente che, inesorabilmente, hanno portato il nove volte campione iridato a scattare dall’ultima fila a Valencia.
Ed ecco che a questo punto Valentino Rossi decide di giocarsi la carta del Ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport, ma, come si evince dalle motivazioni del comunicato, le condizioni per concedere la sospensiva non sono state ritenute sufficienti. Tuttavia, la vera curiosità giuridica della vicenda risiede nell’intervento del compagno di scuderia Jorge Lorenzo che, tramite i suoi avvocati, ha chiesto di intervenire nell’appello, vedendosi rifiutare però la domanda. Ma la vera strategia del maiorchino era un’altra: presentare alla corte una documentazione aggiuntiva, la quale infatti è stata accolta integralmente. Il suo manager, Albert Valera, ha infatti spiegato che la volontà era quella di sottolineare come Jorge “sia parte in causa in questo processo e che la sua posizione sia tenuta in considerazione”. In sostanza, lo spagnolo della Yamaha si è presentato come “amicus curiae“, soggetto che, non essendo parte in causa, decide di offrire volontariamente informazioni alla Corte su un aspetto della legge o su alcune parti del caso, con lo scopo di aiutare i giudici a decidere. Per questo, dunque, il Tas ha accolto la relazione inviata da Lorenzo e dal suo staff “come parte del fascicolo sul caso“, influendo (e non poco) sull’odierna statuizione dei giudici.
La mossa dello spagnolo però, anche se frutto di un’eccellente strategia processuale, ha avuto (e avrà) delle conseguenze imprevedibili rispetto alla probabile vittoria di un campionato di motomondiale. Così facendo, infatti, Lorenzo non solo si è schierato apertamente contro il compagno di squadra in una questione che non lo riguardava direttamente, ma ha portato anche il Team Yamaha a prendere le mosse dal suo operato.
Ma le conseguenze delle azioni umane spesso vengono valutate dai singoli, altre volte non pesate correttamente. Il marchio di orologi Sector, ad esempio, ha deciso di terminare la collaborazione con Jorge Lorenzo che prosegue dal 2013. La nota casa di orologi ha spiegato in una nota che la “Sector No Limits, primo brand italiano di orologi sportivi, da sempre espressione dei valori di sportività, sfida, sana competizione ed integrità, non si identifica con gli accadimenti verificatisi nelle ultime settimane nell’ambito del campionato mondiale MotoGP. Il brand, riconosciuto come sinonimo di performance indimenticabili, comunica che il rapporto di collaborazione con il pilota spagnolo Jorge Lorenzo, terminerà a conclusione della stagione in corso del Motomondiale. Lo spirito sportivo unito alla passione senza limiti, rappresentano il DNA e l’anima di Sector No Limits, rimanendo valori irrinunciabili ed imprescindibili“.
Ci si chiede, infine, se il gioco vale davvero la candela. Anche se l’unica candela che ancora rimane accesa è quella del marchio Yamaha, che “grazie” alla competizione sportiva, talvolta dentro le regole talvolta no, ha un faro acceso verso sé che si chiama “pubblicità”.
(Articolo scritto dall’Avv. Giuseppe Saeli).
Nei prossimi giorni, sul nostro portale, vedrete diverse novità. Inseriremo diverse categorie di news giuridiche, di attualità e cronaca, per fornire un’informazione completa, a 360 gradi.
26/04/2022