Come evidenziato nel nostro precedente articolo in merito al ricalcolo delle pensioni dei militari, da tempo il nostro studio legale si è occupato della questione inerente gli errati calcoli operati dall’Inps nel processo di determinazione, quantificazione e successiva liquidazione della pensione dell’ex personale delle forze armate (genericamente inteso) posto in congedo, ed in particolare per la questione legata all’aliquota di rivalutazione della pensione prevista dall’art. 54 DPR 1092/1973 per il personale militare.
L’Inps, più volte ripresa e censurata da svariate pronunce delle Corte dei Conti dell’intera penisola, ha applicato e continua ad applicare alle pensioni dei dipendenti dei vari corpi delle Forze Armate (Guardia di Finanza, Esercito, Aeronautica, Marina Militare, Polizia Penitenziaria, Carabinieri, etc.) liquidati con il sistema di calcolo misto, un’aliquota di rivalutazione della pensione inferiore ed errata poiché prevista da altra norma del medesimo Dpr per il personale civile dello stato, e non per il personale militare.
L’Inps, nonostante le ripetute censure in sede di contenzioso pensionistico continua ad applicare l’aliquota prevista per il personale civile anche alla gran parte del personale in possesso dello status di militare, compreso il personale della Polizia di Stato che, però, a seguito della legge di smilitarizzazione del disciolto Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza (Legge n.121/1981) ha perso il possesso di tale status a far data dall’entrata in vigore della legge c.d. di smilitarizzazione, avvenuta per espressa previsione normativa a far data dal 25.06.1982.
Pertanto, ragionando logicamente, dopo l’entrata in vigore della legge c.d di smilitarizzazione che ha privato il corpo della Polizia di Stato dello status di corpo militare, il personale arruolato in tale corpo successivamente alla data indicata dovrebbe essere considerato personale civile e, quindi, non soggetto all’applicazione dell’aliquota di rivalutazione di cui all’art. 54 cit. prevista per il personale militare. Di contro, il personale arruolato nella Polizia di Stato (rectius Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza) prima del 25.06.1982 andrebbe considerato militare. Nel dubbio, l’Inps ha applicato a quasi tutte le pensioni dei dipendenti della Polizia di Stato arruolati sia prima che dopo la smilitarizzazione, la minor aliquota prevista per il personale civile.
Ma a ben guardare, la vicenda giuridica del personale della Polizia di Stato come appena descritta appare in ogni caso fortemente illegittima, quantomeno illogica, per via della disparità di trattamento (pensionistico) che si è venuta a creare in seguito alla smilitarizzazione, in primis, tra il personale del medesimo corpo di Polizia arruolato prima (militari) e dopo (civili) il 25.06.1982 ai quali, nonostante l’identità di mansioni svolte, può teoricamente essere applicata un’aliquota diversa anche solo essendosi arruolati a distanza di una settimana gli uni dagli altri.
Secondariamente, ma non di minor importanza, va anche considerata l’illegittima disparità di trattamento pensionistico che si verrà a determinare tra i dipendenti della Polizia di Stato arruolati dopo la smilitarizzazione ai quali andrebbe applicata la minor aliquota per il personale civile, ed il personale dell’Arma dei Carabinieri (militari) che, nella sostanza del rapporto di lavoro quotidiano svolge gli stessi incarichi, le stesse mansioni, con gli stessi orari, con lo stesso scopo istituzionale ovvero il mantenimento dell’ordine pubblico e, soprattutto, con gli stessi rischi dei rispettivi omologhi del Corpo di Polizia di Stato.
Esistono diverse considerazioni giuridiche che fanno supporre e sostenere l’idea che con la smilitarizzazione del Corpo della Guardie di Pubblica Sicurezza del 25.06.1982, non si volesse in realtà creare una distinzione/discriminazione dal punto di vista giuridico tra forze di polizia a status militare e quelle a status civile, semmai si volle, dal punto di vista esclusivamente politico porre un limite ai poteri della Polizia a seguito dei tumultuosi fermenti politici accaduti nel nostro paese verso la fine degli anni ’70, privando dello status militare l’intero corpo.
Va anche evidenziato che con la legge di smilitarizzazione con la quale il corpo militare venne disciolto e sostituito dall’odierna Polizia di Stato, venne espressamente stabilito che esso sarebbe divenuto un corpo civile ad ordinamento speciale. L’ordinamento speciale consiste nel mantenimento di un inquadramento paramilitare necessario per la corretta esecuzione degli ordini e comunque indispensabile per il mantenimento dei rapporti operativi con le altre Forze di Polizia italiane, ancora militari.
Altra circostanza di fatto da tenere in debita considerazione circa la reale volontà del legislatore del 1981 di non creare una distinzione/discriminazione dal punto di vista giuridico tra forze di polizia a status militare e quelle a status civile, è rappresentata dall’art. 61 del Dpr 1092/1973 il quale dispone che al personale dei Vigili del Fuoco e al Corpo Forestale dello Stato (personale non militare) si applicano le disposizioni stabilite per quanto riguarda il trattamento di quiescenza per le categorie militari.
Infine, già il Consiglio di Stato, nel 1983, si era pronunciato su tale questione pensionistica affermando che: “nessuna incidenza avrebbe avuto la smilitarizzazione della Polizia di Stato sul trattamento di quiescenza, che rimane quella più favorevole prevista per i militari”.
Tale disparità di trattamento pensionistico a parità di condizioni, evidente anche all’occhio di un non perìto, potrebbe in via di principio anche condurre al sollevamento di una questione di legittimità costituzionale per violazione del combinato disposto dell’art. 3 (principio di uguaglianza) ed art. 36 della Costituzione.
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19/04/2022