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Test di Medicina e violazione dell’anonimato: per i giudici “graduatoria illegittima”

La conoscenza del codice identificativo abbinato a ciascun candidato prima della compilazione dei questionari con conseguente violazione del principio dell’anonimato e possibilità – almeno in astratto – dell’alterazione della prova”.

medicina generale 2017Con questa motivazione il giudice del Tar del Lazio ha disposto l’immatricolazione in soprannumero di molti aspiranti camici bianchi, nostri ricorrenti, che, durante lo svolgimento del test d’ingresso, hanno subito una illegittimità, ovvero la violazione dell’anonimato. E negli anni, tale violazione si è perpetrata, seppur con formule diverse. Il rispetto di tale principio risponde all’esigenza di salvaguardare la segretezza degli autori delle prove scritte fino a quando la correzione non sia stata ultimata al fine di garantire la parità di trattamento tra i candidati e una valutazione obiettiva dei loro elaborati.

Quando avviene la violazione dell’anonimato?

Negli anni passati è capitato in più occasioni che:
– i candidati siano stati invitati a lasciare sul banco il proprio documento di identità durante tutto lo svolgimento del test o a indossare un adesivo che in qualche modo li rendesse riconoscibili;
– i candidati siano stati invitati a lasciare sul banco l’adesivo con il proprio codice identificativo;
le prove svolte non siano state imbustate in modo corretto o la compilazione del foglio anagrafe non sia avvenuta in modo corretto (ad esempio imbustate insieme, con l’adesivo recante i propri dati direttamente sul foglio delle risposte, ecc.).

I giudici del Tar hanno affermato che la violazione non irrilevante dell’anonimato in tali procedure selettive «comporta l’invalidità della graduatoria, senza necessità di accertare in concreto la lesione del principio di imparzialità in sede di correzione», senza cioè verificare che la violazione abbia recato danno ai singoli ricorrenti.

Un’altra violazione dell’anonimato si può verificare nel momento in cui sul modulo risposte del candidato sia apposto un codice plico prestampato (alfanumerico composto da 9 elementi fra numeri e cifre) e un codice alfanumerico (c.d. “Etichetta MIUR”) applicato dal candidato, prima della consegna dell’elaborato.

I due codici svolgono funzioni differenti:
– il primo, quello denominato “codice plico”, già stampigliato sui modelli forniti ai candidati per lo svolgimento della prova, ha la funzione di abbinare il questionario al modulo risposte, in modo da consentire la correzione dell’elaborato, ma in realtà per svolgere tale funzione basterebbe il solo codice a barre senza l’aggiunzione di un ulteriore codice alfanumerico sottostante;
– il secondo, quello denominato “etichetta MIUR”, dovrebbe apposto al termine della prova, rispettivamente sulla scheda risposte e sulla scheda anagrafica e ha la funzione di ricondurre l’elaborato all’identità del candidato.

Secondo la Giustizia amministrativa, “la presenza di un codice a barre, accompagnato dal codice di lettura alfanumerico pure prestampato su tutti gli atti della prova (scheda anagrafica, modulo risposte, questionario), rende in astratto possibile l’identificabilità dell’autore della prova, anche dopo la conclusione della prova medesima, persino nel momento successivo delle operazioni di esame e valutazione dei questionari“.

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14/04/2022

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